Lo spettacolo del dolore

Dalla cronaca si è passati a romanzare le vite delle persone coinvolte in incidenti e disastri. Succede sempre più spesso. Non capisco il senso di tutto questo voyeurismo. Boltanski in un azzeccato saggio che si chiama "La souffrance à distance", in Italia "Lo spettacolo del dolore" (pure datato!), mette in guardia dall'indifferenza con cui ormai guardiamo alle immagini di tragedie mentre la nostra vita quotidiana scorre tranquillamente nella sua quotidianità. D'altra parte, poco possiamo fare. Allora a che servono questi approfondimenti nell'intimità di ciascun defunto? A risvegliare i nostri sensi? A vendere di più? La stampa sta attuando una pericolosa virata verso i contenuti di "Giallo" o "Cronaca Vera".
Tempo fa morì un mio amico in un incidente. Il giornale per il quale lavoravo, un free press, scrisse un articolo romanzato al riguardo, con fatti e personaggi inventati ma chiaramente riferiti all'accaduto... chiunque coinvolto avrebbe potuto se non riconoscersi, sentirsi almeno chiamato in causa (lo scrisse peraltro una mia amica). Ebbero molte critiche e alcune mie colleghe compreso il redattore capo non capivano perché. A me disgustò abbastanza, e non perché nei fatti coinvolti c'erano amici e conoscenti (avevo abitato anche tanti anni nello stesso edificio di un'altra delle persone coinvolte, insomma, li conoscevo tutti) ma perché non è il modo di fare giornalismo, anzi, non chiamiamolo nemmeno tale. La cosa veramente grave è che si ha il via libera a pubblicare certi contenuti, anzi, si ricevono le direttive a farlo, in giornali grandi, letti da tutti in Italia.
Vorrei sapere l'Ordine che cosa ci sta a fare quando poi obbliga tutti a fare gli aggiornamenti sulla deontologia. Deontologia di cui, a mio modestissimo parere, non c'è traccia e non ci sarà mai fino a quando continueranno a esserci articoli e giornali come quelli a cui mi riferisco o programmi come "Quarto Grado" e "Storie Vere".

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