La virtù della liquidità

Stavo facendo una riflessione sul concetto di società liquida di Zygmunt Bauman​ e su quanto e come la liquidità sia passata da concezione a valore. Io non ho un carattere testardo ma, essendo esso particolarmente speculativo, quando arrivo a una conclusione difficilmente cambio idea perché frutto di un percorso di valutazioni approfondite. Alcuni frettolosamente scambiano questo per testardaggine. Anni fa un'esperienza di vita mi ha mostrato proprio come sia cambiata la nostra scala di valori. Fino a qualche tempo fa essere decisi e risoluti era segno di carattere, e avere carattere era una cosa buona. Poi ho visto come, sempre più, questo "carattere", questa capacità decisionale e valutativa, sia diventata un difetto, addirittura qualcosa in grado di minare le relazioni. Si è passati ad avere una necessità sempre maggiore di accomodamento e di mediazione, in poche parole, a dover essere liquidi, flessibili, senza una posizione e una collocazione precisa per non rischiare di diventare automaticamente schierati in qualche fazione a cui nemmeno si sente di appartenere. Dicevo, la cosa è diventata un valore. Sì, non siamo più nell'alveo delle categorie descrittive, della presa di coscienza che "questa è una società liquida"; ma nella necessità di essere liquidi, altrimenti si è socialmente inadeguati. Non voglio esprimermi oltre, perché guardare le cose da un asteroide dà un'altra prospettiva. Mi sembra di intravedere dove tutto questo ci stia portando, ma per il momento lo tengo per me anche perché la cosa richiederebbe una trattazione lunga e appropriata, e non si può fare nello spazio di un blog. Ma è già tutto sotto i nostri occhi.

La metafisica del Bene

Posso dirlo? Da credente, lo dico. Sono stanca di religione. Lo dico da persona che studia, o meglio, cerca di capire, di informarsi, la teologia, la dottrina che c'è questa benedetta fede che mi è stata data, che non ho comprato, che non ho cercato, che a volte credo di non avere e invece è sempre lì, anche quando mi sembra assurdo che ci sia. E' proprio vero che la fede è un dono che va accolto, nel mio caso è un dono che custodisco molto gelosamente, mica un dono facile ma che, anzi, spesso mette in crisi, che provoca meraviglia e tensione, stupore e incertezza (alla faccia delle certezze della fede). E così, per tanto tempo, per tante volte, l'ho difesa contro i tanti attacchi ricevuti, spiegandone le ragioni, perché anche la fede ha una sua ragione. L'ho difesa quando veniva messa alla stregua di cose che non c'entravano, quando veniva confusa con un generico "cristianesimo". Sono una che combatte, per questa fede, anzi, per quel Dio, per quel Gesù che amo, a volte ho mandato gente a quel paese - anche se non è nel mio stile - quando ha offeso come convinzioni di una deficiente non me, non le cose in cui IO credo, ma una Persona che amo. Ho perso amori, amicizie, certezze, forse anche la stima di alcuni per questo. Ma mai mi sognerei di combattere con le armi per convertire chi non la pensa come me, nonostante l'amore smisurato verso questa Persona una e trina. Per questo mi piacerebbe, oggi lo dico perché sono stanca di tanto sangue, di tanto odio, di tanto razzismo, di tanta xenofobia (attenzione: non solo da parte occidentale! Proprio l'altro giorno sono stata insultata da una persona con cui lavoro che è razzista con "i bianchi"!) e magari quando sarò meno stanca non lo penserò più, chissà...Mi piacerebbe, dicevo, un mondo in cui la religione non sia così importante...Deve esserlo per comprendere meglio Dio, per pregare tutti insieme, per condividere una fede piuttosto che un'altra; sicuramente non può unire perché, senza prenderci in giro, è ovvio che quando si parla di Gesù e di Eucarestia e di Croce non c'è una comunanza concettuale con quanti parlano di Profeta o di Nirvana o di Shabbat. Si è su posizioni profondamente diverse. Ma diciamo anche che alla persona comune tutto questo non interessa, in fondo tutto quello che vogliamo è vivere in pace; è vero che vivere in pace presuppone una comunanza di valori, e che questi valori li fa pure la religione perché, ad esempio, un cristiano mormone può avere più mogli così come alcuni musulmani mentre un cristiano cattolico no, e quando già non c'è accordo su queste cose, che implicano altri discorsi come il maschilismo e il femminismo, la dignità della donna ecc. non illudiamoci che sulla religione vi possa essere pace. Non vi è stata pace nemmeno quando Gesù in persona lo ha detto, anzi, quando Dio fattosi persona (sono cattolica, perdonatemi) in Gesù il Cristo lo ha rivelato. Per cui smettiamola di combattere la religione islamica, in fondo a noi della religione non interessa una benemerita cippa, altrimenti tanto zelo lo metteremmo facendo quanto la nostra religione ci dice. Penso che dovremmo combattere la religione in sé, non come fede, precisiamolo, ma quando si fa politica, quando si fa guerra, quando si fa abbattimento dei diritti umani. Questo è il vero problema. Se la religione deve diventare politica, fazione, partito, stiamo inquinando anche il senso del sacro che a questo mondo farebbe tanto bene recuperare. Cerchiamo di avere più fede e meno religione, più amore e meno culti, più senso della verità e dei valori e meno perbenismi. Poi viene la religione, le liturgie, le regole. Non servono regole da seguire, servono cuori, servono esseri umani, educati al Bene. Fin quando non si tornerà a un grande discorso filosofico e metafisico sul Bene credo che saremo sempre più alla deriva, ideologicamente, spiritualmente e anche fisicamente. In barba a chi crede che la religione sia sovrastruttura, che prima viene il soddisfacimento di bisogni primari come il mangiare e il riprodursi. Questa cosa della struttura e della sovrastruttura ha svuotato l'uomo proprio perché ha ridotto l'Amore e ogni discorso sul Bene e sul Vero a qualcosa di secondario. Passare dalla sintesi alla lotta di classe è stato un altro grave errore, perché non è con la lotta che si supera il conflitto, non è nemmeno con l'accoglienza e il volemosebbene annacquato, ma è solo con il recupero del concetto di umanità nella sua interezza, umanità fatta di strutture e di sovrastrutture, di fisico - e fisica - e pensiero, di corpo e di spirito, posti in un confronto dialettico e sintetico. Quello che accade oggi è proprio il parossismo del ricucire tale strappo con questa isteria della religione che, rovescio di una medaglia che vede l'uomo solo come carne, pensa all'essere umano solo in termini di spirito e necessità di conversione, peraltro non del cuore - fatto anche lui di carne - ma del pensiero.

Abbiamo perso il conto

Purtroppo ci sono stati i morti di Beirut insieme a quelli francesi. Però stavolta non credo c'entri (soltanto) la preferenza che si accorda ai morti in casa propria rispetto a quelli più lontani. A proposito di questo, lo dicevo tempo fa. Chiunque operi come giornalista o operatore della comunicazione sa bene che esistono dei "criteri di notiziabilità", per cui le cose che accadono più vicine a noi hanno più evidenza di altre. Un po' mi meraviglia che non venga compresa questa cosa: è lo stesso motivo per cui si piange il parente morto ma non il morto che non si conosce. E' umano che sia così: altrimenti, se non vogliamo davvero essere ipocriti, dovremmo passare la vita a piangere, perché nel mondo si muore continuamente. Non è questione di insensibilità: è che nella vita bisogna anche ridere. E ve lo dice una che ieri ha pianto il vicino di casa incrociato in 7 anni e mezzo al massimo tre volte e del tutto sconosciuto. E che ancora ha il cuore triste per questo. Ve lo dice una che sa di rasentare i limiti dell'ipersensibilità. Torniamo però alla notizia. E' pur vero che giornalisti e compagnia bella avrebbero il dovere di non far pesare alcune cose meno di altre ma, lo abbiamo detto, la vita funziona così. Quello che ha lasciato davvero sgomenti, qui, non è stata la nazionalità dei morti. Di Charlie Hebdo ci siamo dimenticati abbastanza in fretta, l'11 marzo pochi lo collegherebbero alla data di una strage, gli stessi che ricordano ancora che una bomba esplose nelle metro di Madrid e Londra. L'11 settembre invece riecheggia ancora nelle nostre menti: sapete perché?
Quanto è successo a Parigi l'altra sera, nei fatti, è uguale a quanto accaduto a Beirut: morti, uccisi, violenza. Quello che ha davvero impressionato è stata la modalità: venire colpiti nel bel mezzo della propria quotidianità in un modo imprevedibile (come a New York). Per questo motivo l'11 settembre e il 13 novembre e spero nessun'altra data verranno ricordati per l'aver rotto qualcosa nei nostri cuori e nelle nostre certezze. Quindi, per una volta, non credo che c'entrino l'ipocrisia, o la preferenza, ma le conseguenze sociali e antropologiche che inevitabilmente questa cosa riuscirà ad avere. Detto questo, ricorderei anche i morti silenziosi di oggi, di ieri, di domani e di sempre, perché oltre a Beirut e a Parigi, a New York e ai cieli di Sharm, ci sono tante guerre nel mondo in questo momento, molte collegate proprio all'IS. Ogni giorno, svegliandoci e ringraziando Dio di avere un altro giorno di vita in questa opulenta e marcia ma libera società occidentale (guarda caso, cristiana, ma non lo dico in contrapposizione all'Islam, bensì a una certa Europa), rivolgiamo una preghiera per tutta questa gente, senza fare proclami, senza clamore, senza nemmeno rimarcare le bandiere di appartenenza, visto che sarebbero così tante da perderne il conto.
Per informazione:
http://www.guerrenelmondo.it/?page=static1258218333

Dis...ordine dei giornalisti

Mi sto seriamente incavolando con l'Ordine dei Giornalisti e questa faccenda della formazione continua che mi sembra, così congegnata, l'ennesimo business mangiasoldi. Già paghiamo 100 euro di tassa annuale, poi dobbiamo seguire corsi di formazione A PAGAMENTO per modiche cifre di qualche centinaio di euro in cui non sono compresi costi di trasporti, di pernottamenti, tempo che si sottrae al lavoro (va bene i professionisti che magari vengono scusati dal capo se si assentano per i corsi, ma i freelance come me? Io non ho problemi perché sono indipendente in generale nel mio lavoro, ma quanti pubblicisti magari hanno un lavoro dipendente e da cui non possono assentarsi?). Io non l'ho avuto nemmeno il tempo di andare ai corsi quest'anno. Fra l'altro quelli gratuiti diventano subito pieni, e poi bisogna vedere se ci si trova con la data, se ci si può spostare ecc.
Tutto per cosa?
Magari rivedere l'Ordine (che non abolirei) per farlo diventare un organismo di SERIO controllo deontologico invece di accettare gente che si è fatta scrivere articoli da altri e poi mette la sua firma, vigilare che paghe e contribuiti vengano DAVVERO corrisposti, mettere un esame di ingresso anche per i pubblicisti (forse in qualche regione avviene), insomma riportare il giornalismo a ricoprire un ruolo di VERA UTILITA'? Il diritto di opinione è di chiunque, chiunque può scrivere. Il diritto ATTIVO all'informazione richiede una PROFESSIONALITA' in cui non ci si improvvisa, che è fatta di etica, di conoscenza della materia, di approfondimento, di profondità intellettuale. Tutti possono scrivere e informare, è giusto ed democratico e guai se venisse tolto questo diritto a chicchessia. I corsi di aggiornamento ci stanno, ma devono essere gratuiti e programmati dall'Ordine, diamine. Anche perché non è nemmeno giusto che un ragazzo che magari viene sfruttato nelle redazioni e già fa fatica a "camparsi", poi debba venire penalizzato perché non può pagarsi tutta 'sta tarantella dei corsi (che, ripeto, implicano anche altri tipi di costi indiretti).
Io sono anche un po' disinformata perché mi ha lasciato così perplessa la cosa che me ne sono anche disinteressata (a mio discapito e magari dico anche baggianate)...Ma vogliamo poi parlare di quando ti arriva la letterina a casa con valore retroattivo salvo che tu non sia un barone che scrive da almeno 10 anni, conoscendo la situazione in cui versa un buon 70% dei giornalisti, in cui rientra sì chi lo fa senza arte né parte, ma anche una buona fetta di poveri cristi che stanno imparando il mestiere magari con passione e dignità, dignità purtroppo non riconosciuta da tutti gli editori che NON pagano, NON versano contributi, se ti va bene ti mollano la cinquanta euro sottobanco? Tutte cose attraverso le quali siamo passati tutti, almeno noi della nuova generazione. Fra due mesi avrò i miei bei 10 anni di attività (a cui vanno aggiunti i due di pratica), quindi la cosa nemmeno mi toccherebbe più di tanto. Ma non è giusto! Non è così che si "ripulisce" l'Ordine.
Poi certo, tante difficoltà si sta cercando di superarle, innalzando ad esempio il tetto di crediti online a 30 su 60. Molta confusione viene dal fatto che ora la cosa va rodata. Forse prima c'erano pochi corsi ad accesso libero, ora ce ne sono di più, in futuro ancora di più. Dulcis in fundo: l'OdG fa presente che "la legge148/2011 obbliga TUTTI gli iscritti agli Ordini professionali a seguire corsi di formazione. L´Ordine dei giornalisti ha in molte occasioni fatto presente che le norme vigenti non tengono in alcun modo conto delle peculiaritá della nostra professione ed ha chiesto modifiche sostanziali (l´ultima volta il 29 dicembre nel corso della conferenza stampa di fine anno del presidente del Consiglio). Il D.P.R. attuativo (137/2012) prevede che i corsi di formazione possano essere organizzati anche da soggetti terzi.
L´Ordine, in base alle norme, deve solo accertare che l´ente che si propone abbia tre anni di esperienza nel settore. Non puó fare altro. Gli enti autorizzati sono legittimati a proporre corsi di formazione, anche a pagamento. Se la materia é di interesse professionale, l´Odg non puó - se non violando la legge - opporsi a che vengano organizzati".
Ora, io non so davvero se prendermela con l'Ordine perché non riesce a imporsi (stiamo parlando di giornalisti, i famosi gatekeeper, con un grosso potere - anche politico - nelle mani) o con la miopia di chi governa e legifera (con quest'ultima sicuramente).
La stampa italiana versa in condizioni quanto meno discutibili, e giustamente si pensa di risolvere i sintomi e non la malattia.

Molto rumore per nulla

La cosa buffa di tutta questa discussione della carne è che si dice tutto senza dir niente.
Per quanto mi riguarda mi sono sentita come se fosse caduto un meteorite ed avesse abbattuto tre quarti della popolazione terrestre. Bum! Millenni di certezze fatte improvvisamente vacillare. Non me lo aspettavo, sono sincera.
Non sono una grande sostenitrice dell'Oms, ma se una simile affermazione viene da una simile istituzione, evidentemente i costi sociali da sostenere per le cure sono diventati veramente alti.
Ora, che la carne faccia venire il tumore, brutta cosa ma, di fatto, dobbiamo morire tutti, in un modo o nell'altro. Fa venire il tumore anche l'inquinamento, anche parlare al cellulare. A me da vegana sta benissimo che si faccia capire alle persone che la carne fa male. Ma a tanta gente non importa farsi del male, altrimenti non fumerebbero, o non si abbufferebbero, che so, di dolci.
Si parla di non voler ammalarsi e non morire, di stare bene...senza pensare che è la stessa cosa che vorrebbero quelle creature che vengono quotidianamente ammazzate per essere mangiate. Quindi non capisco appunto questa cosa: ma vi preoccupate e discutete tanto sul non farvi venire il tumore (ammesso e non concesso) perché volete vivere...non pensate che lo vorrebbero anche le vostre vittime?
Seconda cosa. La perdita paventata di 186mila posti di lavoro, o quanti sono. Non è così. La parola chiave si chiama "conversione". Basta convertire l'economia: hai voglia posti di lavoro, forse aumenterebbero persino. Come negli anni '50: passeremmo da un'economia di guerra (cos'altro è, sennò, questa economia di sfruttamento e sangue?) a un'economia di pace. La pace con il creato e ogni vivente.

Rai ahi ahi ahi

Il canone Rai finché c'è la pubblicità è una tassa insulsa in quanto stiamo parlando di una rete del servizio pubblico, una rete di Stato (aka indottrinamento delle masse), e o dovrebbe essere abolita o, per aver ragione di esistere, dovrebbe proporre programmi di alta qualità per svolgere un servizio pubblico degno di tal nome. La proposta di criptare le trasmissioni è incostituzionale così come quella di metterlo in bolletta. Siamo veramente al feudalesimo. Ci mancano solo le corvée.
Mi sorge tuttavia un legittimo dubbio: non è che la Rai non svolga il servizio pubblico, anzi, lo svolge egregiamente, perché a chi sta seduto su certe poltrone fa molto, molto comodo avere una società educata al ribasso. Che sia voluto (complottismo?) o che sia avvenuto per caso, questo non sta a me dirlo. Però gli effetti sono questi.
Peraltro il servizio pubblico aveva avuto la grande opportunità di essere rivalutato con la questione UE: chi meglio delle tv di Stato potevano/dovevano riuscire in questo intento?
In ogni caso, cara Rai, decidi: o abolisci il canone o elimini la pubblicità, così magari la gente un motivo per pagare senza sentirsi derubata ce l'ha. Ah, un suggerimento per ridurre le spese e migliorare la qualità: non sarà che spendi un po' troppo per i cachet?

Il vero bene

Premesso che non potrei mai sostenere la Lega Nord e il suo Salvini per il solo fatto che sono meridionale e contenta di ciò, se una frase intelligente esce dalla bocca del nemico diventa automaticamente stolta? Se una persona, indipendentemente da chi ella sia, dice che "bisogna aiutare l'Africa a non svuotarsi piuttosto che far venire qui tanta gente che muore sui barconi" e che bisogna distinguere tra rifugiati e migranti economici, dice una stupidaggine?
Onestamente sono stanca di vedere gente che muore quotidianamente in mare. Oggi ne sono morti altri 25 che forse sono 200.
Sono 11 anni che vivo fra immigrati e senzatetto, che faccio volontariato e che ci lavoro, non lo dico per farmi bella ma per spiegare che un minimo di esperienza ce l'ho e, in tutta umiltà, dico anche che ne ho molta meno di tanti altri, perché per me è un'attività collaterale a quella artistica, una cosa che faccio perché sento giusto mettere a disposizione un po' di sé stessi per gli altri.
Prima di tutto, che il principio di distinzione tra migranti economici e rifugiati sembri un'aberrazione, è vero: giustissimo che chiunque debba avere diritto a una vita migliore e più felice. Ma diciamoci anche la verità: tutte le persone che arrivano qui trovano felicità? La verità è che trovano centri di accoglienza, CARA, assistenzialismo, elemosina, letti di cartone, non di rado alcool, un sistema sanitario insufficiente, mense Caritas, campi di pomodori sotto il sole cocente del Sud, abitazioni promiscue e spesso in condizioni igieniche disastrose, emarginazione, difficoltà di inserimento ecc. In pratica non si fa altro che aggiungere alla già grande massa di gente in povertà che c'è in Italia una massa abnorme di esseri umani ancora più poveri. Qual è il salto di qualità, allora, fatemi capire? Vero che c'è chi ce la fa, chi migliora la propria condizione. Ne conosco diversi, personalmente. Ma la proporzione dalla mia esperienza è di 1:20 (nella realtà molto più grande).
Per cosa? Per far mangiare denaro a mafia, politici, scafisti?
Vero anche che i migranti non rubano il lavoro; spesso non hanno le competenze adeguate, altre volte sono gli italiani che non vogliono lavorare e giustamente quei posti vengono occupati da gente più volenterosa. Com'è vero che dove arrivano i migranti un po' l'economia gira: spendono nei nostri supermercati, fanno lavorare gli educatori italiani...
Ma è proprio questo approccio che non va bene! Cioè, guardiamo questa gente solo nel momento in cui sono numeri: numero di vittime, cifre di denaro, quanto costano, quanto spendono, quanto fanno guadagnare...
Tanti hanno la scabbia e non possono curarsela. Tanti hanno la tubercolosi e non possono curarsela. Finché non diventa pericolosa per noi, però, nessuno se ne cura; nessuno si cura che queste persone, questi ESSERI UMANI, soffrono in queste condizioni di vita.
Allora mi domando: ma è per farci belli a noi stessi, per sentirci bene con la nostra coscienza, che sosteniamo l'accoglienza fatta in questo modo?
Dobbiamo riempire le nostre città e le nostre case con le illusioni di tanta povera gente che arriva qui pensando o sperando di trovare chissà che, che magari non vuol nemmeno restare in Italia ma poi è costretta dai vari Dublino e protezioni umanitarie? Dobbiamo farci la guerra tra Stati europei per "dividerci le quote"? Ma questa è l'accoglienza? Questo modello andava bene fino a qualche anno fa, quando i flussi non erano di queste proporzioni e c'era ancora margine per un effettivo miglioramento della qualità della vita di chi arrivava.
Abbiamo un Programma Nazionale Asilo che manca totalmente di lungimiranza, non prevede alcun prosieguo dopo la prima accoglienza, che utopicamente spera che si possa trovare un impiego a migliaia e migliaia di persone in 6 mesi/1 anno e tutto pesando sulla comunità che accoglie, che spesso non può dar da lavorare o anche da mangiare ai propri stessi membri. Ma quanta frustrazione provochiamo in chi arriva?
Per dire, i campi profughi...sono accoglienza? Ma scherziamo?
Nessuno dovrebbe vivere così.
In qualunque Paese vai (compresi quelli africani) devi garantire allo Stato un reddito minimo e di avere un lavoro. Solo in Italia no. Ma mica per razzismo o chiusura: è per buon senso!
L'Africa va aiutata in ben altro modo, mi sono stancata di sentire italiani contro migranti e tutti contro le istituzioni o contro chi nel suo piccolo (o nel suo grande) si occupa di queste persone. E' sbagliato tutto dall'inizio, è sbagliata questa guerra fra poveri. Siamo parte tutti della stessa popolazione, la popolazione umana, e ciascuno ha diritto di vivere in sicurezza e sviluppo nel proprio Paese. Se poi vuol muoversi, benissimo, ma non così. Non per trovare solo altra povertà e miseria anche sociale.
Diverso il discorso sulla fuga da persecuzioni e regimi...ma anche lì, le Nazioni Unite dove sono?
Si fa tanta ideologia sulle persone. Ci si mette dalla parte dei poveri e/o dei migranti come muli senza capire che non si fa loro del bene. Ok, si da la mensa, si da un posto letto, ma questa è vita? Questo lo si fa perché lo si deve fare, è un dovere ma anche un palliativo, ma bisogna combattere questo stato di cose, non avallarlo! Non guardare il dito invece della luna!
Ciascuno tragga le proprie conclusioni.
Per quel che mi riguarda, cercherò sempre di stare dalla parte dei più deboli e di farlo con verità; e no, questo non è stare dalla parte dei più deboli: è stare dalla parte di quel sistema che sfrutta i deboli, anche quando pensiamo che stiamo facendo del bene, ma facciamo del bene all'inferno nella paradossale situazione in cui ogni atto di bene all'inferno lo fa espandere un po' di più (i potenti sono addirittura più fantasiosi di Belzebù).
Io vorrei che invece per tutte le persone fosse un paradiso.
Apriamo gli occhi.

Lo strapotere impossibile

Certo se trucchi i conti per stare nell'Eurozona poi qualche problema in futuro potresti averlo. Ma abbiamo capito che la lungimiranza non è dote dei politici. Tanto a loro bastano quei pochi anni che siedono su qualche poltrona, si arricchiscono, e poi se lasciano in eredità situazioni pesanti ai posteri, problemi loro. Mi spiace elettori, dovreste capire che è proprio il meccanismo della politica a essere perverso. Ci vuole più democrazia diretta e soprattutto più cultura. La gente deve leggere, informarsi, non lavorare, lavorare, lavorare e non capire niente, non saper analizzare gli eventi ed essere così manipolabile. Riduciamo la giornata lavorativa a non più di 4 ore con gli stessi stipendi (o elevandoli): moltiplichiamo per 2 i posti di lavoro, volendo anche per 3, per 6. Diamo alla gente il tempo, la cosa più preziosa: tempo per stare con i propri figli, con le proprie famiglie, tempo per leggere, andare a teatro, imparare a suonare uno strumento, fare una passeggiata nella natura. E poi istituiamo il servizio civile obbligatorio gratuito per tutti, per diffondere una cultura della solidarietà. I soldi per fare questo? Prima tagliamo gli sprechi, poi vediamo se non ci sono soldi. Che peraltro hanno un valore virtuale, pilotato da chi decide quanto debba valere il denaro. Ridiamo piuttosto al denaro il suo vero ruolo: mezzo di scambio universale, non di accumulo, di conquista e di potere. Alla base del denaro ci deve essere il concetto di baratto, non di ricchezza.
Così come è perversa questa mania delle grandi potenze: ci vuole la grande Russia per contrastare la grande America, ora ci vuole la grande Europa per creare un equilibrio di potenze, peccato stia sorgendo anche la grande Cina. Questo sistema, signori, è sbagliato, porta solo a un inasprimento delle logiche del confronto e del potere. E milioni, centinaia di milioni di persone sono costrette a subire questi giochi alla roulette russa.
E' tutto un carrozzone che non può stare in piedi.
Cari politici, dovreste studiare la Storia. Questo è il vostro limite: la vostra ignoranza della signora Storia.
L'impero romano era in piedi da così tanto tempo che se n'era persa memoria: era ormai un dato di fatto la sua esistenza, nessuno poteva metterla in dubbio, nessuno poteva immaginare che non sarebbe più esistito. E invece è crollato. E' crollato quando è diventato un carrozzone ingestibile, anzi è collassato sotto il suo stesso peso. Cosa che ancora oggi costituisce per noi occidentali l'evento storico fondamentale, il ground zero della Storia. Non è possibile tenere in piedi apparati così grossi e pensare che lo facciano a lungo. In quei secoli gli imperi erano unici, ce n'era uno, poi si esauriva e ne sorgeva un altro, e così duravano secoli, ma oggi le connessioni globali non permettono tutto questo, perché tutti vogliono primeggiare e nessuno vi riesce se non con la violenza. E tutto per cosa? Questi governi, questi Stati, se davvero avessero a cuore i propri cittadini, non avrebbero tutta questa smania di potere. Siamo al punto che non lo Stato serve ai cittadini, ma i cittadini allo Stato. E' evidente che qualcosa non va. 
Lo Stato deve servire all'autogoverno delle Nazioni (con la N maiuscola), ad erogare servizi di assistenza con pari accessibilità per tutti, a detenere l'uso della forza per evitare forme di giustizialismo privato. Quante persone subiscono lo Stato, senza sapere a cosa serva? Senza sapere che lo Stato è un nostro diritto, non un nostro dovere? Non certo deve servire a limitare le risorse ad altre Nazioni, a sfruttare i poveri e il debito pubblico, a tenere i cittadini né più né meno che come avveniva nel feudalesimo. Nessuno si è accorto di essere diventato un servo della gleba? O meglio, un servo dello Stato?
Il discorso sarebbe lungo, meriterebbe un trattatello, e questa non è la sede per svilupparne le linee. Concludo con una semplice osservazione: non vi aspettate che le cose cambino finché non cambiano alcuni sistemi, quello economico, quello politico/amministrativo e quello educativo. Soprattutto quello educativo. Per il resto sarà come curare un cancro con la chemio allo stadio terminale: la cura distrugge più del male, con l'illusione di farci guarire.

Un vecchio post...

 Il Natale arriva di notte perché la notte è silenziosa. Il Natale è silenzioso come è silenzioso Dio, che quando arriva non fa strepiti, ti avvolge senza far rumore, anche quando ti spiazza. E' silenzioso come l'amore, che ti coglie quando non lo cerchi, e si fa trovare nei modi più impensati. Il Natale è il silenzio della preghiera ed è una preghiera silenziosa. E' un po' come quei momenti che trascorri in silenzio con gli amici, magari durante un viaggio, in cui non dici nulla ma in quel silenzio ci sono un milione di discorsi. E' il silenzio di chi non parla, ma fa. E' silenzioso come chi non ha voce, gli ultimi, i deboli, chi è povero, malato, afflitto, e anche se grida nessuno lo sente. E' il silenzio dei miti. E' silenzioso come chi non ha bisogno di parlare per far vedere chi è e quanto vale, perché la sua luce rifulge da lontano. E' silenzioso come la neve, a cui somiglia la misericordia di Dio quando copre i Suoi figli. E' silenzioso come un abbraccio. Come Gesù quando è andato in croce. E' silenzioso come il sonno di un bambino, quel bambino che nasce a Betlemme e che ci dice che se non ci faremo come bambini non entreremo nel Regno. Allora auguriamoci che un bambino nasca nel nostro cuore, che il nostro cuore torni bambino. Gesù bambino non è una icona per nostalgici e sentimentali, è la presenza viva e vera di purezza e luce che alberga nel cuore di ogni uomo e che, proprio perché fa silenzio, viene sepolta, nascosta, dimenticata. Che sia Pasqua insieme a Natale, che sia nascita e resurrezione, altra cosa avvenuta in silenzio, tanto da far dormire i diretti testimoni. Facciamo silenzio, come il Sole che sorge ogni giorno, come la luce delle candele che ardono, come i personaggi del nostro presepe e diventiamone parte, per amare il Dio che viene, che è, che era e sarà.

Un piccolo aiuto

Signore, aiutami a non confondere il sentimento con la fede, l'emozione con l'amore. Che la mia fede e il mio amore possano essere sempre forti, e veri, e veritieri. Dammi la grazia di capire che la pace non è assenza di conflitto fine a sè stessa, ma viene dalla giustizia. Dammi giustizia senza giudizio e senza condanna. Apri le mie mani ad opere buone senza confondere la bontà col buonismo. E che il mio cuore sia puro, candido, non come un sepolcro imbiancato, ma come la neve che cade sulle alte vette che le nostre anime possono raggiungere solo grazie a Te.

Trova la differenza...

http://www.agi.it/estero/notizie/soffoca-un-nero-poliziotto-prosciolto.-proteste-a-new-york---fotobr-

Picchiare in gruppo una persona perché contrabbanda sigarette e soffocarla fino a ucciderla non è mantenere l'ordine...è violenza aggravata da razzismo!!!! Giudice vergogna!

Santi o pesanti?

Che cos'è la santità? Che cos'è la fede?
Abbiamo imparato a confonderle con le preghiere che diciamo e con i precetti che seguiamo. Le riteniamo qualcosa di inaccessibile, destinato a quelli che chiamiamo "santi", i cui nomi troviamo scritti sul calendario.
Pensiamo chissà quali enormi, eroici sacrifici e sofferenze richiedano. Le vediamo come qualcosa di "aldilà" e di "altrove". Pensiamo risplendano solo in poche persone. Forse questo è un po' un alibi, quando diciamo che non siamo mica santi, o che siamo solo uomini. Ma quante volte ci viene in mente che uomo e santo è una tautologia? Dio ci ha creati per questo. E' santo chi vive da uomo, è uomo chi vive da santo. Che non significa avere un sorrisetto ebete stampato in faccia come vediamo in tanta iconografia. Sei santo se ti sporchi le mani, se piangi con chi piange, se ridi con chi ride con giustizia e non con stoltezza. Dice un proverbio che il riso abbonda sulla bocca degli stolti. In verità, il riso abbonda sulla bocca dei santi. Ma è riso di quell'allegrezza e quella serenità che solo la Verità ti può dare. E' la gioia che non dimentica chi vive nel dolore, quella gioia che asciuga le lacrime e sa donare un sorriso, nonostante tutto. 
E' santo chi annuncia la Verità con grazia e fermezza, senza orgogli di parte e senza diplomazie fuori luogo, ma con delicata certezza. 
E' santo chi in ogni azione ha presente la sua altissima dignità, che è costata la Croce e il Sangue di Cristo! E' santo chi sa trasportare questa altezza nella quotidianità, e sa che la quotidianità non significa rendere la vita una sequenza di giorni grigi in cui si spreca il proprio tempo. Ci si chiede cosa sia la vita. La vita è divertirsi, stare bene con gli amici, avere un lavoro stabile, delle certezze e delle sicurezze? E' proprio questa la vita, o non sono forse queste solo gli ornamenti che la rendono più bella? La vita, penso, è soprattutto il tempo. Il tempo - diceva Seneca a Lucilio - è la più grande risorsa che abbiamo. La vita, e la santità, è l'uso che facciamo di questo tempo. 
Impariamo a riempirlo di bene. Impariamo a dare pienezza ai nostri giorni.
Facciamo cose belle: suoniamo, disegnamo, creiamo, sorridiamo agli altri, abbracciamo, siamo gentili, condividiamo pensieri su facebook e twitter, usciamo, amiamo... Possiamo farlo sia da "santi" che da "non santi". L'azione è la stessa, ma la differenza è profonda: è santo chi fa qualunque cosa non per trarne un beneficio, per sentirsi a posto, per sentirsi bello, per sentirsi amato...è santo chi lo fa perché significa spargere quell'Amore di cui è testimone. E' santo chi mette del suo senza metterci dell'io. Chi è se stesso pur essendo mani e braccia di Dio, anzi, proprio perché è tale. Chi fa ogni cosa con spirito di preghiera, chi si fa preghiera vivente in ogni sua azione.
E' santo chi è "universale". Impariamo a sentirci parte di quell'unico Tutto, ricordiamo che c'è chi sbaglia e chi ci ferisce, ma quando questo avviene, diventiamo capaci di capire che, in fondo, ogni errore è anche nostro. Senza buonismi, ma anche senza esclusionismi. Quando saremo "dall'altra parte", ci stupiremo di vedere quante persone sono legate a noi e alle nostre azioni più di quanto immaginiamo, e quante di queste nemmeno le abbiamo mai viste. 
Ed è santo chi, nonostante questi legami e questo esser parte di Qualcosa, è libero della libertà del vero amore.

Voltare la testa è una scelta

 http://vimeo.com/37624687

Ecco perché non mangiamo uova. Ecco perché siamo vegani. Ecco perché vogliamo un mondo senza crudeltà! L'allevamento a terra non è un'opzione valida! Spero che questo video venga visto e condiviso, non per convincere o imporre ma per informare e poter fare la propria scelta, qualsiasi essa sia, senza dire "non lo sapevo". E quanti pensano che "sono solo animali" e che "ci sono prima gli uomini che soffrono", ricordino che la via per un mondo giusto passa attraverso la compassione e non c'è altra strada verso l'amore vero e puro se non la compassione. Chi crede in Cristo o in qualsiasi Dio, ricordi che Lui è stato il primo compassionevole. A chi non crede non mancano comunque la capacità, la volontà e il cuore per avere compassione. E a chi mancano, se le faccia venire perché l'uomo è tale proprio in quanto capace di provare compassione. Compassione non significa provare dispiacere...significa farsi carico dell'altrui sofferenza come se fosse propria (dal latino cum-pati, "patire insieme"), e come se fosse propria cercare di alleviarla. Non c'è altra strada. Non c'è altro amore. Non c'è altra umanità piena e completa se non quella di chi ha compassione.

Il Restauratore

Quante volte pensiamo che le persone siano irrecuperabili, le inchiodiamo al nostro personale giudizio e ci arroghiamo il diritto di pensare che non ci sia salvezza per loro? Se invece di fare questo imparassimo a dire loro parole vere o ci sforzassimo di testimoniare col nostro piccolo esempio, impareremmo che non c'è anima perduta. Dio recupera proprio tutto, aggiusta proprio tutto. E a noi da il compito stupendo di essere custodi delle anime di quanti incontriamo o inrociamo anche solo per una volta.

Guerra tra poveri

E io non ce la faccio a non incavolarmi. Davvero, vorrei essere come tanti di voi, che siete sempre sorridenti e sereni, come se la vita vi appartenesse, io invece nella vita non ci riesco a entrare, non così, la contemplo come un astronauta contempla la Terra dallo spazio e vede quanto sia bella eppure tanto lontana. La vita è bella, il problema è che è lontana, il problema è che non è per tutti. E per questo mi incavolo. Non che sia un'incavolatura fine a sé stessa...è quella scintilla che mette in moto il motore della risoluzione dei problemi. Il fatto è che non ci riesco a passare avanti a tutto quello che non va bene e ad andare avanti come se non ci fosse. Oggi mi sono incavolata col prete a messa. Dentro di me ovviamente. Grazie a Dio che sono timida, perché la voglia di andare là e togliergli il microfono di mano mi era venuta. Poi comunque lui parlava in buona fede e quindi poverino non è nemmeno colpa sua. Mi è venuta rabbia perché diceva di portare il cibo ai migranti che sono di passaggio e sostano da qualche parte qui vicino a dove abito. Parlava del buon samaritano che non giudica ma cura il ferito senza preoccuparsi di chi sia. E questo è sacrosanto. Il problema è che entrando in chiesa ho preso un volantino - cattolico - che parlava di anziane che cercano il cibo nella spazzatura e famiglie sfrattate di casa (nel "ricco" Nord, rispettivamente a Milano e a Torino). In quel momento lo tenevo fra le mani e mi è salita una rabbia, ma una rabbia...Perché onestamente non ci sto capendo più niente. Mi sembra che siamo come una ex collega di mia madre, che aveva il marito malato di tumore al cervello e lo lasciava per andare a fare volontariato in parrocchia mentre quel pover uomo aveva bisogno di cure e sostegno perché stava male, vomitava ecc. Non capisco una cosa: la gente si suicida per i debiti, Equitalia sequestra pure i cani e i gatti, io stessa sto vivendo in famiglia il dramma di un parente che ha visto la sua impresa andare in fallimento a causa delle tasse lasciando lui e suo figlio senza lavoro peraltro con dei bambini piccoli, nemmeno la macchina gli hanno lasciato...a Roma vedo tanti immigrati senza tetto che sormono in stazione ma anche tanti italiani che dormono nei cartoni, una sera a piazza Trilussa mentre da un lato i giovani si ubriacavano proprio davanti a loro c'era una macchina con dentro una coppia di persone di mezza età che ci vivevano dentro...Non ci capisco più niente perché mi sembra che se non sei straniero per il nostro governo sei invisibile! Mi fa rabbia pensare che se sei italiano prima lo Stato ti mangia con le tasse, poi ti butta in mezzo a una strada...quello Stato che dovrebbe garantirti dignità e assistenza! Mi fa rabbia allora pensare che non c'è equa giustizia nella distribuzione degli aiuti...io credo che gli aiuti si debbano dare equamente non agli immigrati perché immigrati o agli italiani perché italiani, ma agli ESSERI UMANI! Stiamo parlando di esseri umani e se questi esseri umani sono cittadini italiani non hanno più diritto degli stranieri, ma hanno pari diritto! Anche per gli italiani ci devono essere progetti di reintegrazione nella società civile, perché se perdi il lavoro, se perdi la casa, se non hai un cavolo di computer, sei fuori da tutto! Sei un reietto, un relitto della società e nessuno ti vuole...quindi i progetti di assistenza ci devono essere per tutti non solo per gli stranieri, ci devono essere per gli uomini in quanto uomini, di qualunque provenienza! Invece questo non avviene perché sui poveri immigrati si fa business, si fa mafia, si ruba, si mangia, ecco perchè... E mi fa rabbia anche questo, che si accolgano stranieri a cui non si può garantire un minimo di dignità solo per lucrare...non si valorizza la persona, la gente che ci lavora ce la mette tutta ma ci scontriamo contro così tanti muri di gomma...E tutta questa gente che arriva e vuole vivere all'occidentale, perdendo di vista le cose veramente importanti...e diventa scontenta, e disperata, e dà di testa.... Mi fa rabbia che si lucri sulla disperazione delle persone, e dietro il buonismo si nasconda solo un sacco di malaffare. Perché se i nostri governi fossero davvero buoni aiuterebbero tutti indistintamente dalla provenienza e dalla cittadinanza. L'altro giorno ho telefonato all'ambasciata del Camerun chiedendo notizie su come fare il passaporto a un mio assistito. Mi hanno trattata malissimo dicendo che loro non danno notizie per un cittadino del Camerun a me che sono cittadina italiana. Credo di aver detto tutto con questo. Ancora un po' di insistenza e avrei creato un incidente diplomatico. La mia rabbia è contro il buonismo di questo Paese che sta mandando tutto a pezzi, perché le cose non si affrontano così, le risorse vanno distribuite equamente, partendo dal restituire all'Africa quel che le tocca e finendo a fare a metà sull'assistenza qui nei paesi dell'accoglienza. Io di ingiustizie e sperequazioni non ne posso vedere più. E so bene che questo è un argomento caldo e ogni frase in cui ci sono insieme le parole "italiano" e "immigrato" ti fanno correre il rischio di apparire quello che non sei e non vuoi essere, ma so anche che la gente intelligente capirà che sto parlando di uguali diritto all'assistenza per tutti, senza distinzioni. Perché tutti sono persone. Tutti siamo persone. E non ho paura di dirlo per quanto sono serena riguardo alla mia coscienza umana e cristiana. Ieri ero in taxi e la tassista ha osservato giustamente che "ci stanno facendo fare una guerra tra poveri" e questo è proprio vero. "Divide et impera", le ho risposto. Mentre oggi lo Stato è assistenziale se sei richiedente asilo, fra vent'anni non lo sarà con tutti quei lavoratori che avendo magari lavorato a progetto non avranno la pensione (in realtà nemmeno oggi: versi una vita di contributi e ti ritrovi 500 euro al mese). Mentre oggi lo Stato è assistenzialista con i piccoli imprenditori stranieri che non pagano tasse per 5 anni dall'apertura dell'attività, non lo è con tutti quegli imprenditori che davano pure lavoro a delle famiglie e li ha fatti suicidare e se non si sono suicidati vivono nel disagio e nella depressione. Ma siamo davvero sicuri che è questa l'accoglienza che vogliamo? Se l'obiettivo di certi signori è creare un'amalgama di poveri senza distinzione di nazionalità, bè, ci stanno riuscendo. Le rare volte che vado a servire la mensa alla Caritas a Natale negli anni ho visto l'esponenziale aumento dei miei concittadini. Sinceramente ci vedo qualcosa di malato in questa gestione del tutto...invece di far aumentare il benessere per tutti, per chi arriva e per chi già c'era, aumenta il malessere. Poi la gente diventa razzista, perché quando non puoi mettere il piatto a tavola ai tuoi figli non ragioni più e inizi a pensare che colpa sia dei poveri come te, non certo di chi è al potere. Io continuo a dire che i problemi vanno risolti a monte, se si vuole esportare la democrazia e i diritti lo si faccia anche dove non c'è il petrolio, non solo in Iraq o in Afghanistan o in Libia, processi peraltro fallimentari perché mai davvero alimentati da serie e vere intenzioni umanitarie. Che poi dobbiamo pure vedere cosa sia questa democrazia, che spazza via pacifiche convivenze di secoli e secoli, tradizioni millenarie che rendevano felici tutti e poi di colpo rendono tutti nemici. Andiamo a fare la guerra all'infibulazione, alle carceri in cui stanno in 10 in 1 mq, alla mancanza di istruzione e igiene e acqua potabile, all'analfabetismo, alla mancanza di infrastrutture (capitolo che tocca anche il nostro Meridione), ai francofoni che sottomettono gli anglofoni, ai massacri col machete, ai governi che impediscono la libera circolazione dei propri cittadini, ai campi profughi, ai barconi, alla povertà, alla mortalità infantile, all'incapacità di autorealizzazione, all'ignoranza...andiamo a fare queste guerre, non quelle mascherate da missioni umanitarie...Il mondo è pieno di dittatori (vedi Eritrea) ma si preferisce far rischiare la vita alle persone e far perdere loro anche le loro famiglie invece che fare una missione umanitaria dove ce n'è davvero bisogno, solo che magari non ci sarebbero ritorni economici. E sento una profonda rabbia verso i vari Boldrini e Salvini di turno. Facce diverse dello stesso male.

Non siamo tutti Giovanni

Sono passati...quanti anni? 23?
Io avevo 10 anni allora. Non c'è anno che questo anniversario e quell'altro, di luglio, passi inosservato nella mia memoria. Le rimembro, le scene dell'epoca. La sensazione, l'angoscia. La parola "mafia" che indicava quel mostro che da quando ho ricordi stritola l'Italia e che in quei giorni era diventato più feroce perché si rendeva conto che c'erano dei guerrieri che volevano colpirlo a morte.
Purtroppo a morte, poi, sono stati colpiti i guerrieri stessi.
Tre anni prima era caduto il muro di Berlino.
Ho vissuto tutta la mia infanzia sotto l'incubo della Guerra Fredda. Mi ricordo che si diceva che a qualcuno bastasse schiacciare un bottone per far esplodere qualche bomba atomica qua e là e distruggere il mondo. Avevo quattro anni quando esplose la centrale di Chernobyl. Ricordo anche quella strana sensazione di essere sotto lo scacco di un mostro invisibile, la nube radioattiva. Ricordo ancora una scena, ero in braccio a mio padre e indossavo una maglietta rosa con una farfalla, la mia preferita, in centro. Chiedevo cosa fosse una nube radioattiva, e lui me lo spiegava. Ricordo che dovevamo comprare il latte a lunga conservazione, confezionato prima dell'esplosione della centrale.
Quando cadde il muro di Berlino fu una gioia grandissima, avevo sette anni e fui felice insieme a tutti quei tedeschi liberati. Anche se ero piccola, l'idea della guerra mi impressionava parecchio, ogni sera pregavo perché le guerre finissero. Ricordo quelle del Golfo, quei pozzi di petrolio bruciati...
E poi la malapolitica italiana, il Partito Radicale che aveva portato Cicciolina al governo tanti anni prima che un altro politico di casa nostra inserisse avvenenti ragazze nelle liste di partito, la pornostar che diventa "onorevole", la maestra che ci spiegava che ora c'era il "Partito dell'amore", e quel potere che intanto diventava sempre più criminale, sempre più ladro...
In tutto questo clima strano, conflittuale, disonesto, Falcone e Borsellino erano una boccata d'aria fresca. Erano la speranza, anzi la certezza che un mondo più giusto, meno inquinato nell'anima e nel corpo, fosse possibile. E invece vennero Capaci, Palermo via d'Amelio. Mani Pulite. Di Pietro. Tangentopoli. L'Italia che crollava. L'Italia che rinasceva, come un'araba fenice malata, uguale a prima. Cosa è cambiato?
Ho sempre ritenuto che in quei giorni, in quel 23 maggio, in quel 19 luglio, ogni singolo cittadino italiano, uomo, donna, anziano, bambino, sarebbe dovuto scendere in piazza a dire che con uno Stato che non è in grado di difendere i propri martiri noi non ci stiamo. Ma non era ancora il tempo dei "Je suis Charlie". Non siamo tutti Giovanni, non siamo tutti Paolo.
Non lo siamo perché non ne abbiamo la statura morale. Qualcuno sì, pochissimi, ma la maggior parte no, o l'Italia non sarebbe ancora in mano alla corruzione, alle ecomafie, alla mafia imprenditrice.
Falcone e Borsellino sono due martiri: magari non da canonizzare, perché troppo uomini, troppo terreni, ma martiri in quanto testimoni (come dice l'etimologia della parola stessa, martyr), testimoni di verità, testimoni di coerenza, testimoni di onestà.
Pochi sono quelli che ritengo esempi di vita.
Voi siete uno di questi.

Insegnamenti

Che siano le persone che amate.
Che siano quelle che vi vogliono bene.
Che siano quelle che, nonostante tutti i vostri sforzi cristiani, proprio vi restano antipatiche e a dire la verità se foste stati Dio non le avreste mai fatte arrivare su questo pianeta.
Che siano interessanti o noiose, affascinanti o indifferenti...che le abbiate incontrate per due minuti o per una vita...
Ricordate sempre che ogni incontro ha uno scopo. Gli altri esistono per un motivo ben più grande delle nostre simpatie o antipatie, dei nostri bisogni o interessi...
Esistono perché ciascuno di noi impari ad amare.
Quelli che amiamo, i nostri cari, la nostra famiglia, la persona di cui ci innamoriamo, ci insegnano l'amore della tenerezza e dell'altruismo gratuito.
Quelli che non sopportiamo ci insegnano l'amore che si fa sacrificio e dolore.
Quelli con cui ci divertiamo ci insegnano l'amore lieto e spensierato e leggero.
Quelli con cui ridiamo ci insegnano l'amore gioioso e quelli con cui piangiamo ci insegnano l'amore compassionevole.
Quelli ai quali teniamo ci insegnano l'amore del dono.
Quelli che tengono a noi ci insegnano l'amore verso la nostra esistenza.
Quelli che ci respingono ci insegnano l'amore umile, e quelli che ci lodano altrettanto. Chi ci annoia ci insegna l'amore paziente, chi ci attira l'amore spontaneo. Il debole ci insegnerà l'amore di padre e madre, chi è forte l'amore che si scopre bisognoso e sa chiedere.
Chiunque ci insegnerà un piccolo pezzetto di amore...che messo insieme agli altri ci mostrerà qual è il vero Amore.
Impariamo a guardare a chiunque incontriamo con questo spirito. Capiremo che non c'è sorriso, risata, litigio, offesa, riconciliazione, gentilezza o altro gesto, nè incontro alcuno che non trovi il suo senso perfetto e compiuto proprio così com'è. Nell'Amore.

Benvenuta primavera!

La primavera ci offre lo spettacolo del miracolo della vita che torna a scorrere. In questi giorni sono stata molto in ansia perché questo miracolo non accadeva: i fiori sbocciavano, le lucertole correvano, le formiche già cercavano le provviste per il prossimo inverno mentre la mia tartaruga tardava a svegliarsi dal letargo e non sapevo dove fosse. Poi ieri, mentre la cercavo per l'ennesima volta in giardino, l'ho trovata. Ancora immobile, con gli occhi chiusi, dormiva. Doveva essere appena uscita dalla terra. Con grande agitazione sono corsa a vedere se stesse bene. Ho preso una foglia e le ho sfiorato una zampina...l'ha mossa, e quei secondi interminabili in cui mi sentivo sospesa tra un universo con un esito di vita e uno con un esito di morte sono svaniti e ho ripreso a respirare. Eravamo nell'universo della vita. Così le ho fatto il bagnetto, e la contemplavo nei suoi movimenti lenti, come di neonato appena venuto al mondo. Passo molto tempo a contemplare, non me ne accorgo nemmeno, ma quando c'è qualcosa di bello, rapisce i miei sensi e resto lì, assente alla realtà. E in quei momenti di contemplazione verso la vita penso a quale enormità essa sia...
Immaginate la bellezza di avere un figlio. Io non sono mamma (se non di animali :P) quindi non posso esprimermi in termini di amore e legami...ma da essere umano mi sembra che sia una cosa meravigliosa l'arrivo di una nuova persona perché è una sorpresa quotidiana. Vivere l'ignoto, non sapere cosa farà, quali soddisfazioni ti darà, che cosa diventerà, e lasciarsi attraversare la vita dalle conquiste e dai traguardi, e osservare che cosa meravigliosa può essere l'esistenza, che ti riserva cose inaspettate e non programmate. E' stupendo questo perpetuarsi dell'essere, mai uguale a sé stesso, come l'eterna primavera di una natura che sempre si rinnova. Non comprendo quindi come si possa impedire a un bambino di nascere. Non ne faccio una questione etica o religiosa che sì, per me ha peso, ma non per tutti, me ne rendo conto. Voglio anche mettere l'assurda ipotesi che finché non usciamo dalla pancia della mamma non siamo ancora persone, ok. Ma come pensare di impedire a priori quel che sarà...A quanti futuri scienziati, a quanti artisti, a quante menti grandiose viene tolta la possibilità di creare? Immaginate se a un Dante, a un Leonardo, a un Michelangelo, a uno Sheakespeare, a un Neruda, a un Gaudì, a un Einstein fosse stata tolta la vita prima di essere quello che sono stati, prima di fare quello che hanno fatto. Quanto sarebbe più povero questo mondo? Allora togliere una vita, soprattutto a un bambino che ancora è in un grembo di mamma, non è solo una sconfitta di uno, ma è la sconfitta di tutti, perché per ogni vita persa, è enorme la ricchezza che perdiamo. E se anche non nascesse un genio, se persino nascesse un malato, ogni persona è una ricchezza da non sperperare, né prima che nasca, né dopo, in un sistema educativo e di pensiero che di questo non tiene conto. Questa è la Settimana Santa e a me piacerebbe che non fosse solo un momento di processioni e digiuni, ma un momento di vero raccoglimento e riflessione, per chi crede e per chi no: che la resurrezione sia per tutti, segno di unità in un mondo che ha bisogno di riscoprire il senso del termine ricchezza, che non è quella dell'accumulo di beni in qualche banca o cassaforte, ma è in ogni vita che abita questo pianeta, anche quando sembra inutile, o diversa da noi, o persino di troppo.

Come osi utilizzare la tua libertà di opinione?

Dolce e Gabbana sono a favore della famiglia tradizionale e contro gli uteri in affitto e i "bambini sintetici" e Elton John tuona: "Come osate?". Come osate avere opinioni, signori miei?
I vip di tutto il mondo sono concordi: i due stilisti hanno troppo potere per potersi permettere di dire la loro, se la loro stona, non si allinea con il pensiero dominante. 
La cosa mi ricorda un po' la bagarre Barilla. Stefano e Domenico si scuseranno anche loro? Voglio proprio sperare di no. Ma non perché posso condividere o meno la loro posizione. Spero di no perché questa smania di ritrattamenti, questa Inquisizione del XXI secolo da parte di chi ha tra i suoi cavalli di battaglia la contestazione dell'Inquisizione cinque e seicentesca sinceramente mi ha proprio annoiata. E a tratti mi indigna.
Da chi si riempie la bocca con paroloni quali libertà e democrazia, queste reazioni isteriche proprio non possono provenire. "Brucerò tutto quello che ho di Dolce e Gabbana", dice Curtney Love. Gente che ha fatto da traino a una generazione non si sa a che titolo. Bruciali, beata te che puoi permettertelo!
Lor signori non hanno capito che, se vogliono la libertà, la libertà è anche - soprattutto, oserei dire - questo: la possibilità che chi non la pensa come noi dica la propria, e abbia il diritto di farlo senza avere pressioni a rimangiarsi tutto. Che poi, una volta che uno si è rimangiato tutto, che abbiamo risolto? Bisognerebbe vedere nel suo cuore, non nelle sue parole.
E invece di capire questa semplice, banale realtà, ci si ostina a confondere la libertà con un libertinismo che con essa niente ha a che spartire.
Cambia la forma, ma la dittatura dei poteri forti resta sempre in piedi.
La cosa comica è che stiamo pure a parlarne.

La dittatura del vittimismo

Esiste in Italia, ma forse nel mondo, una tendenza a coprire le turpi azioni del passato sotto il velo del politicamente corretto. Allora siccome in passato hai fatto del male a qualcuno, oggi devi assecondarlo in tutto. La trovo una cosa isterica, perché non si può assecondare qualcuno in tutto, a prescindere da quanto hai potuto offenderlo. Il perdono deve essere gratuito: mi hai chiesto scusa, ti perdono, ora andiamo avanti da pari. Invece succede che - ammesso che le scuse siano sincere - quel perdono sia sempre condizionato: ti perdono, a patto che ora ti fai mio schiavo. Già in questo presupposto sfuma tutto il concerto di perdono.
Trovo ancora più isterico l'atteggiamento di chi, basandosi su un vittimismo vero o presunto, fa della sua posizione di debolezza un punto più che di forza, ma di violenza. E così, la Shoà giustifica oggi lo Stato di Israele, e quel "per non dimenticare", che doveva essere un monito a non perpetrare più eccidi, diventa una scusa per attaccare e sottomettere altri (vedi il popolo palestinese). L'Occidente è diventato schiavo delle conseguenze delle sue stesse azioni. E' un'interpretazione sbagliata del concetto di perdono e riconciliazione. Perdona, Israele, se tanti hanno seguito la follia di un uomo e di un governo (ma poi, di chi è davvero la colpa di una follia collettiva?), fatti messaggero contro ogni distruzione di popoli...Non usare il tuo dolore per giustificare quello che tu fai ad altri.
Bene, questa su Israele è in realtà una riflessione estemporanea. Cambiamo ambito. Nel mio lavoro con i rifugiati incontro persone di tante etnie e lingue e temperamenti diversi. Ultimamente ne ho incontrato uno che, nel 2015, mi mette ancora la problematica bianchi vs neri, una cosa che per me è rimasta ai tempi di Rosa Parks. Sia chiaro, so bene che il razzismo esiste, esiste la xenofobia, esistono persino tra nord e sud dell'italica penisola. Tuttavia non concordo sull'usarlo come alibi per fare del vittimismo. Assistere i migranti nel loro percorso di integrazione non è impresa facile. C'è la burocrazia italiana che è un pachiderma inamovibile. I tempi dilatati, il limbo di questa gente infinito come l'inferno che hanno vissuto...eppure noi ci si da tanto da fare, telefonate qua, incontri là, solleciti lì...A volte capitano persone sbagliate, come avvocati che si rendono irreperibili, ma poco male perché non sono necessari in certe fasi. Comunque, qualsiasi problematica è utilizzata da certe persone per perpetuare nella loro mente l'idea del bianco contro nero. Una sorta di razzismo al contrario, che sfrutta non il disprezzo verso la razza bianca come razza inferiore (quello lo fa il razzismo alla Stormfront, il razzismo WASP), ma il disprezzo verso il presunto senso di superiorità che i bianchi avrebbero contro i neri.
E con questo vittimismo (perché è vero che succede di essere vittima di razzismo, ma non sempre, non nel caso di questa persona) ci si crea un alibi per fare e ottenere tutto. Talora si va alla stampa (non stavolta, per fortuna, ma è qui il nocciolo della mia riflessione) come spesso è accaduto nel nostro Paese dicendo di essere vittime di razzismo e altre falsità, e la stampa ci va a nozze, mentre l'opinione pubblica, che ha tanto bisogno di indignarsi per i centomila problemi che affliggono l'Italia, finalmente trova un cavillo per indignarsi visto che di abbattere seriamente le cause delle problematiche non è capace. Oppure per dichiarare il proprio razzismo. Fa lo stesso, piante che nascono dallo stesso seme dell'odio.
Allora io vorrei in questo Paese un po' meno di politically correct, un po' più di vera reciproca accoglienza. Non mi piace sentire stranieri che gettano fango su una Nazione (e non uso volutamente il termine Stato) che accoglie, affrontando insieme tanti problemi. Che nonostante si dica "tutti a casa" poi non lo fa mai perché il buonsenso prevale. E prevale anche contro il rischio concreto di infiltrazioni terroristiche. Una Nazione che è vero che a volte guarda al colore della pelle e che magari picchia fino a uccidere dei meridionali. Però sono casi rari. La verità è che il popolo italiano accoglie, si lamenta ma accoglie, e non lo fa per avere riconoscenza, lo fa gratuitamente. Come gratuitamente lavora tanta gente -compresa la sottoscritta- in attesa che il Governo italiano paghi. Quando sento di persone che fanno del vittimismo il loro cavallo di battaglia perché sanno che troveranno un'opinione pubblica coesa nello schierarsi al favore del debole, senza capire se il debole sta usando questa sua posizione per trattare gli altri da inferiori, mi mette tristezza. Mi mette tristezza ogni forma di subdola manipolazione.
E' un rischio per il Belpaese. A forza di languori difensivi, non trasmette nemmeno più la consapevolezza, nell'accolto, che sta venendo accolto, forse non con gioia e amore, ma quanto meno con umanità. Questa non è tolleranza, non è accoglienza. L'accoglienza si realizza nel dire "Benvenuto a casa", non nel dire "Siccome sei povero e emarginato allora chiedimi anche di farti da zerbino e lo farò". In una casa tutti hanno diritti e doveri. Questo è il vero senso della dignità umana. Invece la parola dignità viene spesso fraintesa, sembra quasi che per trattare con dignità gli altri non gli si debba dire che stanno sbagliando. Non c'è tolleranza nel far credere che chi è debole può tutto. E' solo perpetuare quella sottomissione dell'uomo all'uomo, in altre forme.
Sostituirei tutte queste parole con una sola: collaborazione. Siamo qui insieme: collaboriamo per rendere questo un posto vivibile per tutti. E smettiamola con i vittimismi da femminucce. Smettiamola con il politically correct, impariamo piuttosto una cosa più preziosa e utile che si chiama rispetto.

Tre giorni dopo

Oggi che le menti sono più lucide, voglio fare mia la voce di quanti dicono: "Io non sono Charlie", "Io sono Ahmed". Bé, io non sono Charlie, e forse nemmeno Ahmed perché un coraggio tale per fare la scorta chissà se tutti lo abbiamo, io per prima. Ma non mi sento Charlie. Ferma resta la condanna di gesti quali togliere la vita a chi non la pensa come te. Ma Charlie Hebdo il segno lo aveva passato, anche quello della libertà di espressione, perché secondo me la libertà di espressione non deve mai sfociare nel cattivo gusto (quello che noi credenti definiamo come "blasfemia"). Sono sincera, io questo giornale non lo conoscevo, nonostante avrei forse dovuto. Quando ho visto cosa pubblicava, mi sono sentita dolorosamente toccata. Per le vignette sulla Trinità, ad esempio. Ma forse Dio è talmente superiore che nemmeno le guarda. Mi fa male soprattutto come essere umano, più che come credente: vedere che delle persone possano concepire vignette tanto sconce e volgari, mi fa male. Sarà che sono un po' esteta, mi piace l'eleganza e la grazia e la gentilezza, dei gesti e del parlare. Sinceramente trovo strano che un giornale come Charlie Hebdo potesse vendere e che una satira di tal sorta potesse far anche solo sorridere qualcuno. Mais, ça va le monde.
Mi fa sorridere che mi siano arrivati messaggi su Whatsapp con le matite come solidarietà per i giornalisti morti da parte di persone ultracattoliche che inorridirebbero a vedere quelle vignette, forse non le avevano ancora viste, perché so per certo che sono persone che si scandalizzano (anche un po' bigottamente) per molto meno. Mi fa sorridere perché mi sembra che Charb e i suoi, tutto sommato, se la stiano sghignazzando ancora una volta, dovunque essi siano, dicendo: "Ve l'abbiamo fatta di nuovo". Se potevano firmare una satira, questa è stata la migliore. Sono riusciti a farsi difendere, a farsi ricordare, da quegli stessi su cui hanno riso per tutta la loro vita lavorativa. Bravi.
Questo mi fa pensare che in fondo a quell'obiettivo di difesa della libertà di opinione, sebbene perseguito in maniera opinabile, tutto sommato il loro giornale ci è arrivato.
Mi fa piacere vedere che non ci siamo messi dietro barricate partitiche, come spesso capita.
Mi farebbe dispiacere scoprire che la difesa di Charlie è arrivata anche da questi stessi ultracattolici solo perché costituisce un modo per dare contro ai musulmani.
Non so cosa accadrà nei prossimi giorni. Anche le mie considerazioni al riguardo, probabilmente, potranno fluttuare. La riflessione in circostanze come queste non è mai scontata, non è mai pronta, non è mai un dato di fatto.
Continuo a credere fermamente che l'Occidente se la stia cercando. Ma non perché fa della satira su Maometto o Allah. Se la cerca perché, come già spiegavo nel mio precedente post, rigetta sé stesso facendone una questione di religione. Se la cerca non ponendo discrimine tra libertà di espressione e buon gusto e decenza. Non per questo qualche esaltato è legittimato a fare stragi. Però io credo che, se fossimo un pochino più coscienti di quello e di quelli che siamo, forse non appariremmo così vulnerabili. Non capisco la necessità di offendere in nome della libertà, in ogni caso.
Mi piace che la reazione della maggior parte del mondo occidentale, almeno stando ai media, sia stata così composta come in molti auspicavamo.
Mi fa riflettere che anche i cristiani sono stati fortemente offesi da Charlie, eppure non ce l'hanno nel loro pattern mentale di organizzarsi per commettere stragi punitive. Boh, forse questo qualcosa vorrà dire. Il problema non è la religione ma le condizioni di cultura e di vita di cui queste persone si imbevono. Per questo continuo a sostenere che i valori fondanti e cristiani su cui si regge il mondo occidentale non sono negoziabili. Ma in fondo non sono nemmeno imponibili come troppo spesso si tenta di fare. E lì è un altro bel problema. L'esportazione della democrazia è un dovere morale (facciamo finta di non sapere delle reali intenzioni che si celano dietro certe "missioni di pace") o un'ingerenza bella e buona? E' giusto che tanti uomini soffrano quello che noi non saremmo mai disposti a soffrire? La Dichiarazione dei diritti umani non è certo figlia del sistema di valori del califfato. Non sono una fanatica della società occidentale, anzi...chi mi conosce sa bene che non ne accetto molte cose e che cerco, per quanto mi è possibile, di starne fuori, o ai margini. Però qui la riflessione va fatta seriamente. La Storia dell'uomo, da sempre, è un grande puzzle che va composto. Sono i tasselli che hanno importanza.
Vorrei che soprattutto gli intellettuali e gli operatori dei media, come pure gli artisti, colleghi di quelli che lavoravano a Charlie Hebdo, non parlassero di pancia a favore o contro musulmani, Islam, Cristianesimo, integrazione, politica e quant'altro. Vorrei che si facesse una seria analisi, una seria e approfondita riflessione sociale, sociologica e antropologica, per cercare di uscire da un mondo che magari non avrà mai la sua quarta guerra mondiale (la terza la stiamo già vivendo), ma tutto sommato sopravvive invece di vivere appieno. Sarebbe bello cercare soluzioni senza stare troppo dietro al politically correct (ne parlo spesso ma credo sia un grosso ostacolo al momento, una facciata senza troppo contenuto), bensì nel vero rispetto di tutti, ricordando che il rispetto non è una cosa che deve esistere solo per le minoranze o per gli stranieri o per chi è diverso, ma anche per le maggioranze, perché sennò alla fine diventeranno minoranze che chiederanno rispetto in un circolo senza fine e perché trovo strano che si sia giunti al punto in cui siccome sei maggioranza e proprio perché lo sei, la tua opinione vale meno...Io sono una che di minoranze se ne intende, la vivo quotidianamente la mia posizione di minoranza, in tanti ambiti. Ma non voglio essere privilegiata perché sono una minoranza. Vorrei un mondo dove non vi fosse necessità e preoccupazione di non offendere nessuno, ma in cui tutti prendessero coscienza non dico della Verità, ma quanto meno fossero concordi nel ricercarla, nel ricercare il bene comune in cui si rispecchia il bene di ogni singolo. E se anche qualcuno si sentisse offeso, mamma mia, che sarà mai...invece di reagire come bambine a cui è stata rubata la bambola, frignando e pestando i piedi e urlando, sarebbe opportuno reagire come veri uomini alla ricerca di un dialogo, esponendo le proprie ragioni, spiegando perché un singolo, una comunità, una compagine sociale si sente offesa, con la disponibilità a capire se effettivamente ha ragione di esserlo o se forse non sta chiedendo cose fuor di logica e fuori dal vero Bene.
Il problema forse sta anche nel fatto che la riflessione filosofica, che tanto ha fondato la nostra Storia, sia quella occidentale che quella orientale, che era fondamento stesso della pòlis ad esempio, o anche del sapere medievale, è stata relegata un po' ai margini nel mondo moderno con i suoi tecnicismi, e anche là dove c'è forse fa un po' fatica e ha un po' di remore a parlare di e a ricercare, in un mondo tanto baugmaniano, il vero Bene.
Staremo a vedere. Spero che questi eventi dolorosi e sconvolgenti lascino un segno, non con la paura e le cicatrici che inevitabilmente si portano dietro, ma anche nella consapevolezza che c'è la necessità di riflettere bene su tante cose, per giungere a serie politiche sociali e culturali nell'interesse di tutti gli uomini.

E' solo questione di consapevolezza

L'Europa è rimasta colpita nel suo cuore. A Parigi una bomba ha spezzato (sinora) 12 vite. E tanto basterebbe a rendere gravissimo l'episodio in sé. Ma l'Europa non è stata colpita nel suo cuore perché sono morte per l'ennesima volta le ennesime persone nell'ennesimo attentato terroristico. E' stata colpita nel suo cuore perché è stato colpito il diritto all'informazione e alla satira, al non pensarla come l'altro, a non avere un pensiero unico e omologato. Questo è il cuore dell'Europa che è stato colpito. Qui, nel cuore dell'Occidente, nel cuore anche del Cristianesimo (checché alcuni lo rifiutino) è nata l'opinione pubblica, il libero pensiero, la libertà di espressione e di opinione, la pubblica informazione. Al di là di quanto questa possa risultare manipolata o corrotta o asservita, essa c'è. E noi europei, noi occidentali, lo dimentichiamo troppo spesso. Ci sono luoghi dove non è permesso non solo dire la propria opinione, manifestarla, ma persino ascoltare musica.
Parlo da giornalista. Parlo in onore dei miei colleghi morti per la causa. Non è che i giornalisti siano tutti martiri. Molti di noi scrivono perché si trovano in redazione e lo fanno. Molti di noi rasentano lo sciacallaggio. Molti di noi rischiano la vita. Molti di noi la perdono.
Parlo da europea che non vuole l'unione monetaria ma vuole quella politica (non partitica, che c'è differenza). Parlo da europea che da anni osserva quello che sta accadendo anche perché tra i mille lavori che svolgo ce n'è uno che mi porta particolarmente vicino alla realtà dell'immigrazione e del mondo islamico. Sta accadendo qualcosa di molto grande sotto i nostri occhi. Una colonizzazione culturale dall'interno, cari tutti. Non era e non è (ancora) possibile, per quanti risiedono dall'altra parte del Mediterraneo, invadere i nostri territori con armi ed eserciti, le forze, l'organizzazione, la coesione politica sono impari. Ma farlo dall'interno, con il cavallo di Troia che rappresenta l'immigrazione in cui chiunque arriva può dichiarare le generalità che vuole, sì. Prima o poi il cavallo aprirà la sua pancia, e la sta già aprendo.
Non fraintendetemi. Parlo da cristiana. Il mondo è di tutti e chiunque sia in pericolo va accolto, non si possono lasciare le persone morire nelle guerre, anche noi fuggiremmo dalla violenza, dalla fame, dalla povertà, anche noi faremmo la stessa cosa. Anche noi, ancora oggi, siamo un popolo di emigranti. Certo, non proprio, attualmente, alle stesse condizioni. La soluzione non è non accogliere.
Parlo, da ultimo, da cristiana, da giornalista e da europea. Non è possibile un'Europa, un Occidente, in cui si dimentica volutamente che il Cristianesimo ha gettato le radici della moderna nostra civiltà, insieme al pensiero greco e a quello latino e sì, in parte anche a quello arabo. Mediterraneo, incontro di culture. Ma mettere da parte tutto quello che il Cristianesimo ha significato per la crescita e lo sviluppo del mondo libero (stavolta non virgoletterò questa parola) in cui viviamo significa avere una visione molto miope se non ottusa. Mi riferisco in particolare a chi vuol eliminare i crocifissi e i presepi dalle scuole, le recite scolastiche con Gesù Bambino, a chi rispetta tutte le religioni tranne il Cristianesimo (cattolico), a chi non ne rispetta nessuna, alle Femen, agli ateisti, ai progressisti, a certi compagni, a certi liberisti, a chi con queste e altre mille scuse si sta dimenticando da dove viene e dove va.
Ci state facendo colonizzare culturalmente, antropologicamente, e non è una cosa da poco. Non me la prendo con i fondamentalisti islamici, me la prendo con tutti quelli che hanno aperto le porte ai fondamentalisti islamici, e non è stata l'immigrazione, non è l'assistenza ai migranti, ai richiedenti asilo, ai profughi, o ai terroristi che si spacciano per tali. Non sono tutti così quelli che arrivano qui, ne ho visti in tanti anni di soggetti che giungono facendo il Ramadan e poi lo perdono strada facendo, che pregano rivolti verso La Mecca e non bevono alcolici ma alla fine vogliono soltanto vivere bene e in pace e pregano per te che sei cristiano quando sei a casa con la febbre. Il problema, cari miei, siete voi, siamo noi, con l'atteggiamento buonista dell'accoglienza che si pesta i piedi da sé. Quando un ospite entra in casa altrui, lo fa con rispetto. Non va lì ad aprire tutte le ante e tutti i cassetti di armadi e dispense. Si siede, se ha confidenza, se non ne ha aspetta che gli si offra una sedia. Allora, il mondo è di tutti e nessuno è ospite di questo o quel Paese, ma lo è di questa o quella cultura. Entrare in una cultura è come entrare in una famiglia (e viceversa). Si fa con rispetto, assecondandone le abitudini. Poi dallo scambio può nascere qualcosa di buono, può nascere apertura, ci si può arricchire...Ma voglio vedere quanti di voi che siete aperti a tutto il mondo tranne che alla cultura di cui siete figli, arrivando un ospite a casa, anche se amico di vecchia data, pretendendo quest'ultimo che cambiaste - perché così va a lui - le vostre abitudini e quelle dei vostri figli, obbedirebbero senza colpo ferire. Avete il divano verde e lui dice: "Rosso!" - e voi lo fate rosso. Avete la tovaglia a pois e lui dice: "A righe!" - e voi la mettete a righe. Credo che l'ospite andrebbe fuori di casa dopo due minuti (se gli va bene senza conseguenze fisiche) e l'amicizia finirebbe in tronco.
Ora, la questione mediorientale e araba e islamica è davvero troppo complessa per esaurirla con un seppur lungo papiro quale quello che sto scrivendo. Per dover di cronaca farò anche accenno a tutte le responsabilità occidentali che richiederebbero una trattazione a parte. Basta che non mettiate in mezzo le Crociate. Grave, gravissima macchia sulla veste neppure troppo candida di Santa Romana Chiesa. Ma,a parte che esse furono guerre di difesa e non di aggressione a un Islam che si faceva sempre più..."espansivo", non furono guerre di religione, non erano volte a convertire i musulmani, erano volte a liberare la Terra Santa e il Santo Sepolcro dall'occupazione islamica oltre a vari altri motivi più o meno leciti. Quindi restituiamo alla Storia le sue verità, e battiamoci comunque il petto per lo scempio provocato in Siria, con Israele, in Palestina e ovunque laggiù.
Ripeto, non è questa la sede per parlare in maniera seria e approfondita di questa enorme e intricata matassa. Il punto che voglio affrontare, qui, è un altro. Che non si combatte la battaglia contro l'Islam, quello violento ovviamente, quello che mette bombe e con esse fa esplodere i propri uomini e le proprie donne o addirittura bambini, quello che decapita persone che non c'entrano niente, quello che ormai siamo abituati a conoscere tramite i mass media, con ugual moneta. Chiunque si rechi nei paesi arabi si renderà conto, Emirati a parte, di come si vive lì e di come si vive qui, questo senza negare che quella araba sia stata una civiltà grandissima e sommamente raffinata, e ci ha dato lo 0, rivoluzionando davvero anche le basi della nostra logica e della matematica e dunque di tutto il pensiero razionale, per non parlare di quello filosofico e umanistico. Ma oggi le cose sono diverse. Oggi parliamo (questo esisteva anche allora, solo che non faceva ancora scandalo) di donne sottomesse e velate (e liberissime di farlo, per carità), di condizioni igieniche molto diverse da quelle a cui siamo abituati (soprattutto noi Italiani che gridiamo allo scandalo perché appena fuori dai patri confini non troviamo il bidet), di una limitazione di pensiero che per noi sarebbe semplicemente incostituzionale, eccetera, eccetera. Eppure siamo ancora qui a togliere crocifissi dalle aule e Gesù Bambini dalle recite per non offendere la sensibilità dei bambini islamici.
A tutta questa tipologia di persone, chiederei di rinunciare a parecchi dei privilegi e dei benefici che hanno grazie a quella cultura (la propria) che offende la sensibilità di chi è arrivato qui (che poi i bambini a 'ste cose nemmeno ci badano, quindi per favore smettiamola di nasconderci dietro scuse e nient'altro che scuse). Per esempio? Non so, i contratti di lavoro? Il diritto allo sciopero, a condizioni eque di lavoro? E da dove vengono questi diritti? Dal Cristianesimo. Il nome di Don Bosco, vi dice qualcosa? Nella società latina le donne erano una quasi inutile appendice degli uomini. Esisteva la schiavitù. Quale grande rivoluzione culturale ha fatto sì che entrambi questi soggetti si emancipassero? Non mi dite, quella cristiana! E non so, la Teoria dei due Soli? Dante Alighieri? E il Codex theodosianus?
Non si combatte, lo ripeto, la battaglia contro certi esaltati che in nome della religione compiono stragi ripagandoli con la stessa moneta. La battaglia che si sta svolgendo e sui cui campi davvero in troppi stanno cadendo deve portarci ancor di più alle origini del mondo in cui viviamo e che sì, è vero, per molti versi fa proprio pena, ma quanto meno ci permette ancora di avere un barlume di libertà per quanto manipolata, di rubare senza che ci taglino le mani, di andare dal parrucchiere senza che curarsi i capelli sia un peccato, di essere visitati da un medico di sesso diverso dal nostro, di uscire in minigonna, di sposare chi ci pare e se non ci va bene mandarlo a quel paese (e personalmente non sono proprio una sostenitrice del relativismo). Ma queste cose le ha dette prima e meglio di me una certa Oriana Fallaci. La battaglia si vince anche ricordando un altro aspetto del nostro essere cristiani o del nostro essere occidentali: abbiamo abolito la legge dell'occhio per occhio, dente per dente. Noi non dobbiamo rispondere con odio all'odio. Non dico nemmeno che si debba, retoricamente, rispondere con l'amore. Si arriva a un punto in cui non è possibile, o non è facile, o entrambe le cose. Noi dobbiamo rispondere con la civiltà, con la nostra identità, con il nostro bagaglio di cultura e di leggi e di comportamenti. Quando arriveranno ancora stranieri nelle nostre terre, non accogliamoli con un'annacquata ospitalità né carne né pesce. Accogliamoli forti di chi siamo, di quello che altri hanno costruito prima di noi in tutti questi secoli e di cui siamo eredi. Facciamo a noi e a loro un favore: non diventiamo la terra in cui in tanti ormai si sentono autorizzati a gettare e far germogliare il seme della violenza. Facciamo sì che la Terra sia di tutti, e per tutti, un luogo di pace. Senza scagliarci contro chi professa una religione che ci sembra stia diventando temibile. Siamo Cristiani, noi non temiamo nulla. Se Dio è con noi, chi è contro di noi? Siamo Cristiani, e conosciamo il senso profondo del "porgere l'altra guancia", che è tutt'altro che ingenua sottomissione. Noi non vogliamo far realizzare quella profezia di huntingtoniana memoria dello "scontro di civiltà".
Solo riappropriandoci di chi siamo spegneremo i fuochi di questa guerra e di questi atti di terrore. Non importa se uno crede o si dichiara ateo o crede in chissà quale entità. Non soffermiamoci su un approccio religioso al problema.
Scendiamo più in profondità.
Capiamo che è questione di consapevolezza.

Ismi

Il problema degli -ismi.
Scambiare bontà con buonismo.
Morale con moralismo.
Amore con romanticismo.
Sentimento con sentimentalismo.
Pace con pacifismo.
Libertà con libertinismo.
Progresso con progressismo.
Sophìa (la sapienza) con sofismo (l'apparire sapienti).
Ragione con razionalismo.
Semplicità con semplicismo.
Et cetera,
et cetera,
et cetera...

Riflettiamo #1

L'amore è una cosa molto semplice..Ma spesso gli umani lo scambiano per un sacco di altre cose e così giungono a credere che sia complicato.

Non è una scelta

Pranzo di capodanno da amici. Un caro amico mi fa: "Eppure a me dispiace che sei vegana. Io: "E perché?". Lui: "perché è come se ti fossi fatta suora". Io: "Spiegami il nesso". Lui: "So che non è così, la vocazione è vocazione, ma io la vedo come una rinuncia. Pure se vieni a pranzo non puoi partecipare a tutto".
Bé...eppure mi sono sempre impegnata al massimo per non far emergere la differenza. Per non compromettere la vita sociale. Per non far pesare agli altri la mia scelta, sebbene le loro abitudini a me pesino tantissimo. Per non scoppiare quando vedo la cucina di casa trasformata in una stanza degli orrori perché vengono ospiti o quando sono seduta a tavola e mi passa avanti di tutto con relativi odori. Due cose mi aiutano: l'essere cristianamente tollerante e il pormi un po' come Malinowski che osserva il Kula.  
C'è una cosa che dopo quasi 15 anni di impegno vege-vegano sto capendo...Giorno dopo giorno mi sento sempre più lontana da un mondo che si basa sullo sfruttamento umano e animale che sia. Mi domando perché andiamo in chiesa se poi non ci poniamo nemmeno le domande più elementari. Non riesco a capire come non si riesca a capire che mentre per mangiare carne e pesce si distruggono foreste, ecosistemi, vite (animali e non...avete presenti le tribù amazzoniche? Quanti conoscono gli Ayoreo?), si inquina, tanti esseri umani muoiono di fame...Cerchiamo di fare tanto contro la fame (grandioso), però non ci diamo una svolta seria per non partecipare al sistema.
Questa non è una critica contro nessuno sia chiaro...ognuno ha il suo modo di contribuire a rendere la Terra il luogo della realizzazione del Regno, per chi ci crede, o semplicemente un posto migliore. Non sto parlando di questo. La mia riflessione è prettamente personale. Mi sento lontana da chi sente che avere attenzione verso la vita e verso il luogo in cui si vive significa "rinuncia"...come se curare la propria casa sia una rinuncia. E' necessario! Mi sento lontana da chi vede il veganesimo come un qualcosa di fuori dall'ordinario. E mi sto rendendo conto di come non si tratti di dire "vegani e carnivori/onnivori possono convivere, sono scelte e si può vivere nel reciproco rispetto". Non è questo il cuore del problema. Non sono scelte. Non è così. Anche oggi mi sono sentita ripetere per l'ennesima volta "ma io rispetto". Cosa c'è da rispettare? Non è mica una religione! Non chiedo rispetto per la mia scelta per il semplice motivo che non ho chiesto niente a nessuno né devo scusarmi o giustificarmi di averla fatta. Ogni volta che sento parlare di "rispetto per i vegani" e i vegetariani mi sento perplessa, come se fossimo un gruppo di esseri umani che esce in qualche modo dall'ordinario, dalla società. Si rispettano le minoranze, i credi...si rispettano i gusti...non si rispettano certi tipi di scelte che non hanno nulla di rispettoso...si rispetta chi è più anziano, sempre che non abusi di questa sua posizione...ma rispettare i vegani...boh! Non capisco la necessità del politically correct infilato ovunque e in tutte le salse. Ripeto, non si coglie il punto. La nostra non è una scelta. E' una presa di coscienza. E' come uno che ha passato tutta la vita a uccidere e spacciare e a un certo punto si rende conto che non può più andare avanti così. Sì, penserete che è un paragone assurdo, esagerato, perché ritenete che uccidere o spacciare droga è risaputo che non si fa. Ma non è così...tutto dipende dal luogo in cui si cresce, da come si viene educati, senza che ci ergiamo a giudici di quello che fanno gli altri. Se uno per tutta la vita, sin da quando è stato concepito (perché sì, vale anche la parte di vita in cui si sta ancora al calduccio nel grembo della mamma) ha davanti solo questi modelli, lo riterrà la cosa più normale e non si sentirà nemmeno un delinquente. Quanti delinquenti sono devoti e vanno a messa proprio perché convinti di essere dalla parte del giusto?
Si tratta di capire che siamo semplicemente stati cresciuti, educati, abituati così, la cultura in cui siamo cresciuti è questa, ma non è un dato di fatto. E' un modo di vivere, null'altro. Lo si può cambiare se lo si vuole. Non lo dico io, è antropologia: è una scienza, non esatta, ma sociale, eppure sempre scienza.
Noi a un certo punto ci siamo detti che non eravamo dalla parte del giusto. Ci siamo detti che era ora di porre una fine a questo approccio alla vita. Ci siamo detti che vogliamo una vita diversa, un mondo diverso. Che non siamo costretti a sottostare a una cultura alimentare che si basa sulla violenza solo perché siamo in fondo cresciuti così e si fa così da millenni (che poi anche di questo si dovrebbe discutere). Quindi non è questione di scelte, no davvero, ma di prese di coscienza. Se si rispetta la presa di coscienza...bé io questo non l'ho mai sentito. Di solito la si ammira o la si deride, secondo i punti di vista, ma non è questione di rispetto, non è un'opinione. 
Non siamo qui a fare una guerra...o dei campanilismi...mi fa ridere che esistano gruppi Facebook come "Le ca***** dei vegetariani" o "Le ca****** dei carnivori" (credo nato in risposta al primo). Piuttosto siamo qui per chiederci "Che cosa devo fare di buono?". Una certa persona dice che dovremmo chiederci "che bene c'è?" ed è una domanda che mi pongo anche io da anni, da sempre, credo di averla scritta anche in qualche diario delle superiori ai tempi in cui ancora non esistevano i blog e Facebook e compagnia bella. "Che bene c'è" nell'uccidere? "Che bene c'è" nel costringere la terra a non produrre o a produrre per gli animali e non per gli uomini? "Che bene c'è" a far nascere animali per poi costringerli, dopo averli fatti soffrire, a morire anzitempo e in modo barbaro? "Che bene c'è" a pensare allo sviluppo sostenibile del pianeta come se non fosse affar nostro? "Che bene c'è" a collocarci in fazioni piuttosto che a fare serie riflessioni? "Che bene c'è" a cercare se la Bibbia da qualche parte dice che è lecito uccidere quando Gesù Cristo ha parlato in maniera molto semplice? Nella Bibbia vige anche la legge del taglione, applichiamo pure quella? Oppure diventiamo evangelici e ci rifacciamo solo al Nuovo Testamento? 
Madre Teresa diceva che la santità non è un lusso, ma una necessità. Bene, per noi intervenire in questa maniera rispetto al pianeta, rispetto alla vita, non è un lusso, non è una moda, non è un modo per sentirci migliori, diversi, a posto con la coscienza. E' una necessità. Che non va rispettata. La vita va rispettata. Il rispetto è qualcosa che in qualche modo ha a che fare con la sacertà: l'anziano, le donne, i bambini....Sacer, sacro, era colui il quale, nella società romana, era sottoposto a una giurisdizione straordinaria e come tale sottratto al giudizio comune. Si rispetta quello che fondamentalmente è in qualche modo "intoccabile" perché si colloca su un piano differente. Spesso purtroppo diventa una facciata, ma appunto, a noi non interessa del politically correct. E' una riflessione di vita, e come tale al massimo va accolta. Ma non ci pone "in alternativa a" o "in contrapposizione a" o "in sostituzione di" o "sopra qualcuno" o "contro qualcuno"...noi siamo solo a favore. A favore della vita, a favore dell'uomo, a favore degli animali, a favore dell'Amore.