Tre giorni dopo

Oggi che le menti sono più lucide, voglio fare mia la voce di quanti dicono: "Io non sono Charlie", "Io sono Ahmed". Bé, io non sono Charlie, e forse nemmeno Ahmed perché un coraggio tale per fare la scorta chissà se tutti lo abbiamo, io per prima. Ma non mi sento Charlie. Ferma resta la condanna di gesti quali togliere la vita a chi non la pensa come te. Ma Charlie Hebdo il segno lo aveva passato, anche quello della libertà di espressione, perché secondo me la libertà di espressione non deve mai sfociare nel cattivo gusto (quello che noi credenti definiamo come "blasfemia"). Sono sincera, io questo giornale non lo conoscevo, nonostante avrei forse dovuto. Quando ho visto cosa pubblicava, mi sono sentita dolorosamente toccata. Per le vignette sulla Trinità, ad esempio. Ma forse Dio è talmente superiore che nemmeno le guarda. Mi fa male soprattutto come essere umano, più che come credente: vedere che delle persone possano concepire vignette tanto sconce e volgari, mi fa male. Sarà che sono un po' esteta, mi piace l'eleganza e la grazia e la gentilezza, dei gesti e del parlare. Sinceramente trovo strano che un giornale come Charlie Hebdo potesse vendere e che una satira di tal sorta potesse far anche solo sorridere qualcuno. Mais, ça va le monde.
Mi fa sorridere che mi siano arrivati messaggi su Whatsapp con le matite come solidarietà per i giornalisti morti da parte di persone ultracattoliche che inorridirebbero a vedere quelle vignette, forse non le avevano ancora viste, perché so per certo che sono persone che si scandalizzano (anche un po' bigottamente) per molto meno. Mi fa sorridere perché mi sembra che Charb e i suoi, tutto sommato, se la stiano sghignazzando ancora una volta, dovunque essi siano, dicendo: "Ve l'abbiamo fatta di nuovo". Se potevano firmare una satira, questa è stata la migliore. Sono riusciti a farsi difendere, a farsi ricordare, da quegli stessi su cui hanno riso per tutta la loro vita lavorativa. Bravi.
Questo mi fa pensare che in fondo a quell'obiettivo di difesa della libertà di opinione, sebbene perseguito in maniera opinabile, tutto sommato il loro giornale ci è arrivato.
Mi fa piacere vedere che non ci siamo messi dietro barricate partitiche, come spesso capita.
Mi farebbe dispiacere scoprire che la difesa di Charlie è arrivata anche da questi stessi ultracattolici solo perché costituisce un modo per dare contro ai musulmani.
Non so cosa accadrà nei prossimi giorni. Anche le mie considerazioni al riguardo, probabilmente, potranno fluttuare. La riflessione in circostanze come queste non è mai scontata, non è mai pronta, non è mai un dato di fatto.
Continuo a credere fermamente che l'Occidente se la stia cercando. Ma non perché fa della satira su Maometto o Allah. Se la cerca perché, come già spiegavo nel mio precedente post, rigetta sé stesso facendone una questione di religione. Se la cerca non ponendo discrimine tra libertà di espressione e buon gusto e decenza. Non per questo qualche esaltato è legittimato a fare stragi. Però io credo che, se fossimo un pochino più coscienti di quello e di quelli che siamo, forse non appariremmo così vulnerabili. Non capisco la necessità di offendere in nome della libertà, in ogni caso.
Mi piace che la reazione della maggior parte del mondo occidentale, almeno stando ai media, sia stata così composta come in molti auspicavamo.
Mi fa riflettere che anche i cristiani sono stati fortemente offesi da Charlie, eppure non ce l'hanno nel loro pattern mentale di organizzarsi per commettere stragi punitive. Boh, forse questo qualcosa vorrà dire. Il problema non è la religione ma le condizioni di cultura e di vita di cui queste persone si imbevono. Per questo continuo a sostenere che i valori fondanti e cristiani su cui si regge il mondo occidentale non sono negoziabili. Ma in fondo non sono nemmeno imponibili come troppo spesso si tenta di fare. E lì è un altro bel problema. L'esportazione della democrazia è un dovere morale (facciamo finta di non sapere delle reali intenzioni che si celano dietro certe "missioni di pace") o un'ingerenza bella e buona? E' giusto che tanti uomini soffrano quello che noi non saremmo mai disposti a soffrire? La Dichiarazione dei diritti umani non è certo figlia del sistema di valori del califfato. Non sono una fanatica della società occidentale, anzi...chi mi conosce sa bene che non ne accetto molte cose e che cerco, per quanto mi è possibile, di starne fuori, o ai margini. Però qui la riflessione va fatta seriamente. La Storia dell'uomo, da sempre, è un grande puzzle che va composto. Sono i tasselli che hanno importanza.
Vorrei che soprattutto gli intellettuali e gli operatori dei media, come pure gli artisti, colleghi di quelli che lavoravano a Charlie Hebdo, non parlassero di pancia a favore o contro musulmani, Islam, Cristianesimo, integrazione, politica e quant'altro. Vorrei che si facesse una seria analisi, una seria e approfondita riflessione sociale, sociologica e antropologica, per cercare di uscire da un mondo che magari non avrà mai la sua quarta guerra mondiale (la terza la stiamo già vivendo), ma tutto sommato sopravvive invece di vivere appieno. Sarebbe bello cercare soluzioni senza stare troppo dietro al politically correct (ne parlo spesso ma credo sia un grosso ostacolo al momento, una facciata senza troppo contenuto), bensì nel vero rispetto di tutti, ricordando che il rispetto non è una cosa che deve esistere solo per le minoranze o per gli stranieri o per chi è diverso, ma anche per le maggioranze, perché sennò alla fine diventeranno minoranze che chiederanno rispetto in un circolo senza fine e perché trovo strano che si sia giunti al punto in cui siccome sei maggioranza e proprio perché lo sei, la tua opinione vale meno...Io sono una che di minoranze se ne intende, la vivo quotidianamente la mia posizione di minoranza, in tanti ambiti. Ma non voglio essere privilegiata perché sono una minoranza. Vorrei un mondo dove non vi fosse necessità e preoccupazione di non offendere nessuno, ma in cui tutti prendessero coscienza non dico della Verità, ma quanto meno fossero concordi nel ricercarla, nel ricercare il bene comune in cui si rispecchia il bene di ogni singolo. E se anche qualcuno si sentisse offeso, mamma mia, che sarà mai...invece di reagire come bambine a cui è stata rubata la bambola, frignando e pestando i piedi e urlando, sarebbe opportuno reagire come veri uomini alla ricerca di un dialogo, esponendo le proprie ragioni, spiegando perché un singolo, una comunità, una compagine sociale si sente offesa, con la disponibilità a capire se effettivamente ha ragione di esserlo o se forse non sta chiedendo cose fuor di logica e fuori dal vero Bene.
Il problema forse sta anche nel fatto che la riflessione filosofica, che tanto ha fondato la nostra Storia, sia quella occidentale che quella orientale, che era fondamento stesso della pòlis ad esempio, o anche del sapere medievale, è stata relegata un po' ai margini nel mondo moderno con i suoi tecnicismi, e anche là dove c'è forse fa un po' fatica e ha un po' di remore a parlare di e a ricercare, in un mondo tanto baugmaniano, il vero Bene.
Staremo a vedere. Spero che questi eventi dolorosi e sconvolgenti lascino un segno, non con la paura e le cicatrici che inevitabilmente si portano dietro, ma anche nella consapevolezza che c'è la necessità di riflettere bene su tante cose, per giungere a serie politiche sociali e culturali nell'interesse di tutti gli uomini.

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