Tre giorni dopo

Oggi che le menti sono più lucide, voglio fare mia la voce di quanti dicono: "Io non sono Charlie", "Io sono Ahmed". Bé, io non sono Charlie, e forse nemmeno Ahmed perché un coraggio tale per fare la scorta chissà se tutti lo abbiamo, io per prima. Ma non mi sento Charlie. Ferma resta la condanna di gesti quali togliere la vita a chi non la pensa come te. Ma Charlie Hebdo il segno lo aveva passato, anche quello della libertà di espressione, perché secondo me la libertà di espressione non deve mai sfociare nel cattivo gusto (quello che noi credenti definiamo come "blasfemia"). Sono sincera, io questo giornale non lo conoscevo, nonostante avrei forse dovuto. Quando ho visto cosa pubblicava, mi sono sentita dolorosamente toccata. Per le vignette sulla Trinità, ad esempio. Ma forse Dio è talmente superiore che nemmeno le guarda. Mi fa male soprattutto come essere umano, più che come credente: vedere che delle persone possano concepire vignette tanto sconce e volgari, mi fa male. Sarà che sono un po' esteta, mi piace l'eleganza e la grazia e la gentilezza, dei gesti e del parlare. Sinceramente trovo strano che un giornale come Charlie Hebdo potesse vendere e che una satira di tal sorta potesse far anche solo sorridere qualcuno. Mais, ça va le monde.
Mi fa sorridere che mi siano arrivati messaggi su Whatsapp con le matite come solidarietà per i giornalisti morti da parte di persone ultracattoliche che inorridirebbero a vedere quelle vignette, forse non le avevano ancora viste, perché so per certo che sono persone che si scandalizzano (anche un po' bigottamente) per molto meno. Mi fa sorridere perché mi sembra che Charb e i suoi, tutto sommato, se la stiano sghignazzando ancora una volta, dovunque essi siano, dicendo: "Ve l'abbiamo fatta di nuovo". Se potevano firmare una satira, questa è stata la migliore. Sono riusciti a farsi difendere, a farsi ricordare, da quegli stessi su cui hanno riso per tutta la loro vita lavorativa. Bravi.
Questo mi fa pensare che in fondo a quell'obiettivo di difesa della libertà di opinione, sebbene perseguito in maniera opinabile, tutto sommato il loro giornale ci è arrivato.
Mi fa piacere vedere che non ci siamo messi dietro barricate partitiche, come spesso capita.
Mi farebbe dispiacere scoprire che la difesa di Charlie è arrivata anche da questi stessi ultracattolici solo perché costituisce un modo per dare contro ai musulmani.
Non so cosa accadrà nei prossimi giorni. Anche le mie considerazioni al riguardo, probabilmente, potranno fluttuare. La riflessione in circostanze come queste non è mai scontata, non è mai pronta, non è mai un dato di fatto.
Continuo a credere fermamente che l'Occidente se la stia cercando. Ma non perché fa della satira su Maometto o Allah. Se la cerca perché, come già spiegavo nel mio precedente post, rigetta sé stesso facendone una questione di religione. Se la cerca non ponendo discrimine tra libertà di espressione e buon gusto e decenza. Non per questo qualche esaltato è legittimato a fare stragi. Però io credo che, se fossimo un pochino più coscienti di quello e di quelli che siamo, forse non appariremmo così vulnerabili. Non capisco la necessità di offendere in nome della libertà, in ogni caso.
Mi piace che la reazione della maggior parte del mondo occidentale, almeno stando ai media, sia stata così composta come in molti auspicavamo.
Mi fa riflettere che anche i cristiani sono stati fortemente offesi da Charlie, eppure non ce l'hanno nel loro pattern mentale di organizzarsi per commettere stragi punitive. Boh, forse questo qualcosa vorrà dire. Il problema non è la religione ma le condizioni di cultura e di vita di cui queste persone si imbevono. Per questo continuo a sostenere che i valori fondanti e cristiani su cui si regge il mondo occidentale non sono negoziabili. Ma in fondo non sono nemmeno imponibili come troppo spesso si tenta di fare. E lì è un altro bel problema. L'esportazione della democrazia è un dovere morale (facciamo finta di non sapere delle reali intenzioni che si celano dietro certe "missioni di pace") o un'ingerenza bella e buona? E' giusto che tanti uomini soffrano quello che noi non saremmo mai disposti a soffrire? La Dichiarazione dei diritti umani non è certo figlia del sistema di valori del califfato. Non sono una fanatica della società occidentale, anzi...chi mi conosce sa bene che non ne accetto molte cose e che cerco, per quanto mi è possibile, di starne fuori, o ai margini. Però qui la riflessione va fatta seriamente. La Storia dell'uomo, da sempre, è un grande puzzle che va composto. Sono i tasselli che hanno importanza.
Vorrei che soprattutto gli intellettuali e gli operatori dei media, come pure gli artisti, colleghi di quelli che lavoravano a Charlie Hebdo, non parlassero di pancia a favore o contro musulmani, Islam, Cristianesimo, integrazione, politica e quant'altro. Vorrei che si facesse una seria analisi, una seria e approfondita riflessione sociale, sociologica e antropologica, per cercare di uscire da un mondo che magari non avrà mai la sua quarta guerra mondiale (la terza la stiamo già vivendo), ma tutto sommato sopravvive invece di vivere appieno. Sarebbe bello cercare soluzioni senza stare troppo dietro al politically correct (ne parlo spesso ma credo sia un grosso ostacolo al momento, una facciata senza troppo contenuto), bensì nel vero rispetto di tutti, ricordando che il rispetto non è una cosa che deve esistere solo per le minoranze o per gli stranieri o per chi è diverso, ma anche per le maggioranze, perché sennò alla fine diventeranno minoranze che chiederanno rispetto in un circolo senza fine e perché trovo strano che si sia giunti al punto in cui siccome sei maggioranza e proprio perché lo sei, la tua opinione vale meno...Io sono una che di minoranze se ne intende, la vivo quotidianamente la mia posizione di minoranza, in tanti ambiti. Ma non voglio essere privilegiata perché sono una minoranza. Vorrei un mondo dove non vi fosse necessità e preoccupazione di non offendere nessuno, ma in cui tutti prendessero coscienza non dico della Verità, ma quanto meno fossero concordi nel ricercarla, nel ricercare il bene comune in cui si rispecchia il bene di ogni singolo. E se anche qualcuno si sentisse offeso, mamma mia, che sarà mai...invece di reagire come bambine a cui è stata rubata la bambola, frignando e pestando i piedi e urlando, sarebbe opportuno reagire come veri uomini alla ricerca di un dialogo, esponendo le proprie ragioni, spiegando perché un singolo, una comunità, una compagine sociale si sente offesa, con la disponibilità a capire se effettivamente ha ragione di esserlo o se forse non sta chiedendo cose fuor di logica e fuori dal vero Bene.
Il problema forse sta anche nel fatto che la riflessione filosofica, che tanto ha fondato la nostra Storia, sia quella occidentale che quella orientale, che era fondamento stesso della pòlis ad esempio, o anche del sapere medievale, è stata relegata un po' ai margini nel mondo moderno con i suoi tecnicismi, e anche là dove c'è forse fa un po' fatica e ha un po' di remore a parlare di e a ricercare, in un mondo tanto baugmaniano, il vero Bene.
Staremo a vedere. Spero che questi eventi dolorosi e sconvolgenti lascino un segno, non con la paura e le cicatrici che inevitabilmente si portano dietro, ma anche nella consapevolezza che c'è la necessità di riflettere bene su tante cose, per giungere a serie politiche sociali e culturali nell'interesse di tutti gli uomini.

E' solo questione di consapevolezza

L'Europa è rimasta colpita nel suo cuore. A Parigi una bomba ha spezzato (sinora) 12 vite. E tanto basterebbe a rendere gravissimo l'episodio in sé. Ma l'Europa non è stata colpita nel suo cuore perché sono morte per l'ennesima volta le ennesime persone nell'ennesimo attentato terroristico. E' stata colpita nel suo cuore perché è stato colpito il diritto all'informazione e alla satira, al non pensarla come l'altro, a non avere un pensiero unico e omologato. Questo è il cuore dell'Europa che è stato colpito. Qui, nel cuore dell'Occidente, nel cuore anche del Cristianesimo (checché alcuni lo rifiutino) è nata l'opinione pubblica, il libero pensiero, la libertà di espressione e di opinione, la pubblica informazione. Al di là di quanto questa possa risultare manipolata o corrotta o asservita, essa c'è. E noi europei, noi occidentali, lo dimentichiamo troppo spesso. Ci sono luoghi dove non è permesso non solo dire la propria opinione, manifestarla, ma persino ascoltare musica.
Parlo da giornalista. Parlo in onore dei miei colleghi morti per la causa. Non è che i giornalisti siano tutti martiri. Molti di noi scrivono perché si trovano in redazione e lo fanno. Molti di noi rasentano lo sciacallaggio. Molti di noi rischiano la vita. Molti di noi la perdono.
Parlo da europea che non vuole l'unione monetaria ma vuole quella politica (non partitica, che c'è differenza). Parlo da europea che da anni osserva quello che sta accadendo anche perché tra i mille lavori che svolgo ce n'è uno che mi porta particolarmente vicino alla realtà dell'immigrazione e del mondo islamico. Sta accadendo qualcosa di molto grande sotto i nostri occhi. Una colonizzazione culturale dall'interno, cari tutti. Non era e non è (ancora) possibile, per quanti risiedono dall'altra parte del Mediterraneo, invadere i nostri territori con armi ed eserciti, le forze, l'organizzazione, la coesione politica sono impari. Ma farlo dall'interno, con il cavallo di Troia che rappresenta l'immigrazione in cui chiunque arriva può dichiarare le generalità che vuole, sì. Prima o poi il cavallo aprirà la sua pancia, e la sta già aprendo.
Non fraintendetemi. Parlo da cristiana. Il mondo è di tutti e chiunque sia in pericolo va accolto, non si possono lasciare le persone morire nelle guerre, anche noi fuggiremmo dalla violenza, dalla fame, dalla povertà, anche noi faremmo la stessa cosa. Anche noi, ancora oggi, siamo un popolo di emigranti. Certo, non proprio, attualmente, alle stesse condizioni. La soluzione non è non accogliere.
Parlo, da ultimo, da cristiana, da giornalista e da europea. Non è possibile un'Europa, un Occidente, in cui si dimentica volutamente che il Cristianesimo ha gettato le radici della moderna nostra civiltà, insieme al pensiero greco e a quello latino e sì, in parte anche a quello arabo. Mediterraneo, incontro di culture. Ma mettere da parte tutto quello che il Cristianesimo ha significato per la crescita e lo sviluppo del mondo libero (stavolta non virgoletterò questa parola) in cui viviamo significa avere una visione molto miope se non ottusa. Mi riferisco in particolare a chi vuol eliminare i crocifissi e i presepi dalle scuole, le recite scolastiche con Gesù Bambino, a chi rispetta tutte le religioni tranne il Cristianesimo (cattolico), a chi non ne rispetta nessuna, alle Femen, agli ateisti, ai progressisti, a certi compagni, a certi liberisti, a chi con queste e altre mille scuse si sta dimenticando da dove viene e dove va.
Ci state facendo colonizzare culturalmente, antropologicamente, e non è una cosa da poco. Non me la prendo con i fondamentalisti islamici, me la prendo con tutti quelli che hanno aperto le porte ai fondamentalisti islamici, e non è stata l'immigrazione, non è l'assistenza ai migranti, ai richiedenti asilo, ai profughi, o ai terroristi che si spacciano per tali. Non sono tutti così quelli che arrivano qui, ne ho visti in tanti anni di soggetti che giungono facendo il Ramadan e poi lo perdono strada facendo, che pregano rivolti verso La Mecca e non bevono alcolici ma alla fine vogliono soltanto vivere bene e in pace e pregano per te che sei cristiano quando sei a casa con la febbre. Il problema, cari miei, siete voi, siamo noi, con l'atteggiamento buonista dell'accoglienza che si pesta i piedi da sé. Quando un ospite entra in casa altrui, lo fa con rispetto. Non va lì ad aprire tutte le ante e tutti i cassetti di armadi e dispense. Si siede, se ha confidenza, se non ne ha aspetta che gli si offra una sedia. Allora, il mondo è di tutti e nessuno è ospite di questo o quel Paese, ma lo è di questa o quella cultura. Entrare in una cultura è come entrare in una famiglia (e viceversa). Si fa con rispetto, assecondandone le abitudini. Poi dallo scambio può nascere qualcosa di buono, può nascere apertura, ci si può arricchire...Ma voglio vedere quanti di voi che siete aperti a tutto il mondo tranne che alla cultura di cui siete figli, arrivando un ospite a casa, anche se amico di vecchia data, pretendendo quest'ultimo che cambiaste - perché così va a lui - le vostre abitudini e quelle dei vostri figli, obbedirebbero senza colpo ferire. Avete il divano verde e lui dice: "Rosso!" - e voi lo fate rosso. Avete la tovaglia a pois e lui dice: "A righe!" - e voi la mettete a righe. Credo che l'ospite andrebbe fuori di casa dopo due minuti (se gli va bene senza conseguenze fisiche) e l'amicizia finirebbe in tronco.
Ora, la questione mediorientale e araba e islamica è davvero troppo complessa per esaurirla con un seppur lungo papiro quale quello che sto scrivendo. Per dover di cronaca farò anche accenno a tutte le responsabilità occidentali che richiederebbero una trattazione a parte. Basta che non mettiate in mezzo le Crociate. Grave, gravissima macchia sulla veste neppure troppo candida di Santa Romana Chiesa. Ma,a parte che esse furono guerre di difesa e non di aggressione a un Islam che si faceva sempre più..."espansivo", non furono guerre di religione, non erano volte a convertire i musulmani, erano volte a liberare la Terra Santa e il Santo Sepolcro dall'occupazione islamica oltre a vari altri motivi più o meno leciti. Quindi restituiamo alla Storia le sue verità, e battiamoci comunque il petto per lo scempio provocato in Siria, con Israele, in Palestina e ovunque laggiù.
Ripeto, non è questa la sede per parlare in maniera seria e approfondita di questa enorme e intricata matassa. Il punto che voglio affrontare, qui, è un altro. Che non si combatte la battaglia contro l'Islam, quello violento ovviamente, quello che mette bombe e con esse fa esplodere i propri uomini e le proprie donne o addirittura bambini, quello che decapita persone che non c'entrano niente, quello che ormai siamo abituati a conoscere tramite i mass media, con ugual moneta. Chiunque si rechi nei paesi arabi si renderà conto, Emirati a parte, di come si vive lì e di come si vive qui, questo senza negare che quella araba sia stata una civiltà grandissima e sommamente raffinata, e ci ha dato lo 0, rivoluzionando davvero anche le basi della nostra logica e della matematica e dunque di tutto il pensiero razionale, per non parlare di quello filosofico e umanistico. Ma oggi le cose sono diverse. Oggi parliamo (questo esisteva anche allora, solo che non faceva ancora scandalo) di donne sottomesse e velate (e liberissime di farlo, per carità), di condizioni igieniche molto diverse da quelle a cui siamo abituati (soprattutto noi Italiani che gridiamo allo scandalo perché appena fuori dai patri confini non troviamo il bidet), di una limitazione di pensiero che per noi sarebbe semplicemente incostituzionale, eccetera, eccetera. Eppure siamo ancora qui a togliere crocifissi dalle aule e Gesù Bambini dalle recite per non offendere la sensibilità dei bambini islamici.
A tutta questa tipologia di persone, chiederei di rinunciare a parecchi dei privilegi e dei benefici che hanno grazie a quella cultura (la propria) che offende la sensibilità di chi è arrivato qui (che poi i bambini a 'ste cose nemmeno ci badano, quindi per favore smettiamola di nasconderci dietro scuse e nient'altro che scuse). Per esempio? Non so, i contratti di lavoro? Il diritto allo sciopero, a condizioni eque di lavoro? E da dove vengono questi diritti? Dal Cristianesimo. Il nome di Don Bosco, vi dice qualcosa? Nella società latina le donne erano una quasi inutile appendice degli uomini. Esisteva la schiavitù. Quale grande rivoluzione culturale ha fatto sì che entrambi questi soggetti si emancipassero? Non mi dite, quella cristiana! E non so, la Teoria dei due Soli? Dante Alighieri? E il Codex theodosianus?
Non si combatte, lo ripeto, la battaglia contro certi esaltati che in nome della religione compiono stragi ripagandoli con la stessa moneta. La battaglia che si sta svolgendo e sui cui campi davvero in troppi stanno cadendo deve portarci ancor di più alle origini del mondo in cui viviamo e che sì, è vero, per molti versi fa proprio pena, ma quanto meno ci permette ancora di avere un barlume di libertà per quanto manipolata, di rubare senza che ci taglino le mani, di andare dal parrucchiere senza che curarsi i capelli sia un peccato, di essere visitati da un medico di sesso diverso dal nostro, di uscire in minigonna, di sposare chi ci pare e se non ci va bene mandarlo a quel paese (e personalmente non sono proprio una sostenitrice del relativismo). Ma queste cose le ha dette prima e meglio di me una certa Oriana Fallaci. La battaglia si vince anche ricordando un altro aspetto del nostro essere cristiani o del nostro essere occidentali: abbiamo abolito la legge dell'occhio per occhio, dente per dente. Noi non dobbiamo rispondere con odio all'odio. Non dico nemmeno che si debba, retoricamente, rispondere con l'amore. Si arriva a un punto in cui non è possibile, o non è facile, o entrambe le cose. Noi dobbiamo rispondere con la civiltà, con la nostra identità, con il nostro bagaglio di cultura e di leggi e di comportamenti. Quando arriveranno ancora stranieri nelle nostre terre, non accogliamoli con un'annacquata ospitalità né carne né pesce. Accogliamoli forti di chi siamo, di quello che altri hanno costruito prima di noi in tutti questi secoli e di cui siamo eredi. Facciamo a noi e a loro un favore: non diventiamo la terra in cui in tanti ormai si sentono autorizzati a gettare e far germogliare il seme della violenza. Facciamo sì che la Terra sia di tutti, e per tutti, un luogo di pace. Senza scagliarci contro chi professa una religione che ci sembra stia diventando temibile. Siamo Cristiani, noi non temiamo nulla. Se Dio è con noi, chi è contro di noi? Siamo Cristiani, e conosciamo il senso profondo del "porgere l'altra guancia", che è tutt'altro che ingenua sottomissione. Noi non vogliamo far realizzare quella profezia di huntingtoniana memoria dello "scontro di civiltà".
Solo riappropriandoci di chi siamo spegneremo i fuochi di questa guerra e di questi atti di terrore. Non importa se uno crede o si dichiara ateo o crede in chissà quale entità. Non soffermiamoci su un approccio religioso al problema.
Scendiamo più in profondità.
Capiamo che è questione di consapevolezza.

Ismi

Il problema degli -ismi.
Scambiare bontà con buonismo.
Morale con moralismo.
Amore con romanticismo.
Sentimento con sentimentalismo.
Pace con pacifismo.
Libertà con libertinismo.
Progresso con progressismo.
Sophìa (la sapienza) con sofismo (l'apparire sapienti).
Ragione con razionalismo.
Semplicità con semplicismo.
Et cetera,
et cetera,
et cetera...

Riflettiamo #1

L'amore è una cosa molto semplice..Ma spesso gli umani lo scambiano per un sacco di altre cose e così giungono a credere che sia complicato.

Non è una scelta

Pranzo di capodanno da amici. Un caro amico mi fa: "Eppure a me dispiace che sei vegana. Io: "E perché?". Lui: "perché è come se ti fossi fatta suora". Io: "Spiegami il nesso". Lui: "So che non è così, la vocazione è vocazione, ma io la vedo come una rinuncia. Pure se vieni a pranzo non puoi partecipare a tutto".
Bé...eppure mi sono sempre impegnata al massimo per non far emergere la differenza. Per non compromettere la vita sociale. Per non far pesare agli altri la mia scelta, sebbene le loro abitudini a me pesino tantissimo. Per non scoppiare quando vedo la cucina di casa trasformata in una stanza degli orrori perché vengono ospiti o quando sono seduta a tavola e mi passa avanti di tutto con relativi odori. Due cose mi aiutano: l'essere cristianamente tollerante e il pormi un po' come Malinowski che osserva il Kula.  
C'è una cosa che dopo quasi 15 anni di impegno vege-vegano sto capendo...Giorno dopo giorno mi sento sempre più lontana da un mondo che si basa sullo sfruttamento umano e animale che sia. Mi domando perché andiamo in chiesa se poi non ci poniamo nemmeno le domande più elementari. Non riesco a capire come non si riesca a capire che mentre per mangiare carne e pesce si distruggono foreste, ecosistemi, vite (animali e non...avete presenti le tribù amazzoniche? Quanti conoscono gli Ayoreo?), si inquina, tanti esseri umani muoiono di fame...Cerchiamo di fare tanto contro la fame (grandioso), però non ci diamo una svolta seria per non partecipare al sistema.
Questa non è una critica contro nessuno sia chiaro...ognuno ha il suo modo di contribuire a rendere la Terra il luogo della realizzazione del Regno, per chi ci crede, o semplicemente un posto migliore. Non sto parlando di questo. La mia riflessione è prettamente personale. Mi sento lontana da chi sente che avere attenzione verso la vita e verso il luogo in cui si vive significa "rinuncia"...come se curare la propria casa sia una rinuncia. E' necessario! Mi sento lontana da chi vede il veganesimo come un qualcosa di fuori dall'ordinario. E mi sto rendendo conto di come non si tratti di dire "vegani e carnivori/onnivori possono convivere, sono scelte e si può vivere nel reciproco rispetto". Non è questo il cuore del problema. Non sono scelte. Non è così. Anche oggi mi sono sentita ripetere per l'ennesima volta "ma io rispetto". Cosa c'è da rispettare? Non è mica una religione! Non chiedo rispetto per la mia scelta per il semplice motivo che non ho chiesto niente a nessuno né devo scusarmi o giustificarmi di averla fatta. Ogni volta che sento parlare di "rispetto per i vegani" e i vegetariani mi sento perplessa, come se fossimo un gruppo di esseri umani che esce in qualche modo dall'ordinario, dalla società. Si rispettano le minoranze, i credi...si rispettano i gusti...non si rispettano certi tipi di scelte che non hanno nulla di rispettoso...si rispetta chi è più anziano, sempre che non abusi di questa sua posizione...ma rispettare i vegani...boh! Non capisco la necessità del politically correct infilato ovunque e in tutte le salse. Ripeto, non si coglie il punto. La nostra non è una scelta. E' una presa di coscienza. E' come uno che ha passato tutta la vita a uccidere e spacciare e a un certo punto si rende conto che non può più andare avanti così. Sì, penserete che è un paragone assurdo, esagerato, perché ritenete che uccidere o spacciare droga è risaputo che non si fa. Ma non è così...tutto dipende dal luogo in cui si cresce, da come si viene educati, senza che ci ergiamo a giudici di quello che fanno gli altri. Se uno per tutta la vita, sin da quando è stato concepito (perché sì, vale anche la parte di vita in cui si sta ancora al calduccio nel grembo della mamma) ha davanti solo questi modelli, lo riterrà la cosa più normale e non si sentirà nemmeno un delinquente. Quanti delinquenti sono devoti e vanno a messa proprio perché convinti di essere dalla parte del giusto?
Si tratta di capire che siamo semplicemente stati cresciuti, educati, abituati così, la cultura in cui siamo cresciuti è questa, ma non è un dato di fatto. E' un modo di vivere, null'altro. Lo si può cambiare se lo si vuole. Non lo dico io, è antropologia: è una scienza, non esatta, ma sociale, eppure sempre scienza.
Noi a un certo punto ci siamo detti che non eravamo dalla parte del giusto. Ci siamo detti che era ora di porre una fine a questo approccio alla vita. Ci siamo detti che vogliamo una vita diversa, un mondo diverso. Che non siamo costretti a sottostare a una cultura alimentare che si basa sulla violenza solo perché siamo in fondo cresciuti così e si fa così da millenni (che poi anche di questo si dovrebbe discutere). Quindi non è questione di scelte, no davvero, ma di prese di coscienza. Se si rispetta la presa di coscienza...bé io questo non l'ho mai sentito. Di solito la si ammira o la si deride, secondo i punti di vista, ma non è questione di rispetto, non è un'opinione. 
Non siamo qui a fare una guerra...o dei campanilismi...mi fa ridere che esistano gruppi Facebook come "Le ca***** dei vegetariani" o "Le ca****** dei carnivori" (credo nato in risposta al primo). Piuttosto siamo qui per chiederci "Che cosa devo fare di buono?". Una certa persona dice che dovremmo chiederci "che bene c'è?" ed è una domanda che mi pongo anche io da anni, da sempre, credo di averla scritta anche in qualche diario delle superiori ai tempi in cui ancora non esistevano i blog e Facebook e compagnia bella. "Che bene c'è" nell'uccidere? "Che bene c'è" nel costringere la terra a non produrre o a produrre per gli animali e non per gli uomini? "Che bene c'è" a far nascere animali per poi costringerli, dopo averli fatti soffrire, a morire anzitempo e in modo barbaro? "Che bene c'è" a pensare allo sviluppo sostenibile del pianeta come se non fosse affar nostro? "Che bene c'è" a collocarci in fazioni piuttosto che a fare serie riflessioni? "Che bene c'è" a cercare se la Bibbia da qualche parte dice che è lecito uccidere quando Gesù Cristo ha parlato in maniera molto semplice? Nella Bibbia vige anche la legge del taglione, applichiamo pure quella? Oppure diventiamo evangelici e ci rifacciamo solo al Nuovo Testamento? 
Madre Teresa diceva che la santità non è un lusso, ma una necessità. Bene, per noi intervenire in questa maniera rispetto al pianeta, rispetto alla vita, non è un lusso, non è una moda, non è un modo per sentirci migliori, diversi, a posto con la coscienza. E' una necessità. Che non va rispettata. La vita va rispettata. Il rispetto è qualcosa che in qualche modo ha a che fare con la sacertà: l'anziano, le donne, i bambini....Sacer, sacro, era colui il quale, nella società romana, era sottoposto a una giurisdizione straordinaria e come tale sottratto al giudizio comune. Si rispetta quello che fondamentalmente è in qualche modo "intoccabile" perché si colloca su un piano differente. Spesso purtroppo diventa una facciata, ma appunto, a noi non interessa del politically correct. E' una riflessione di vita, e come tale al massimo va accolta. Ma non ci pone "in alternativa a" o "in contrapposizione a" o "in sostituzione di" o "sopra qualcuno" o "contro qualcuno"...noi siamo solo a favore. A favore della vita, a favore dell'uomo, a favore degli animali, a favore dell'Amore.

Aforismi (scopiazzati)

La solitudine ci da la libertà da qualcuno, l'Amore ci da la libertà insieme a qualcuno.

Chiunque essi siano...

Che siano le persone che amate.
Che siano quelle che vi vogliono bene.
Che siano quelle che, nonostante tutti i vostri sforzi cristiani, proprio vi restano antipatiche e a dire la verità se foste stati Dio non le avreste mai fatte arrivare su questo pianeta.
Che siano interessanti o noiose, affascinanti o indifferenti...che le abbiate incontrate per due minuti o per una vita...
Ricordate sempre che ogni incontro ha uno scopo. Gli altri esistono per un motivo ben più grande delle nostre simpatie o antipatie, dei nostri bisogni o interessi...
Esistono perché ciascuno di noi impari ad amare.
Quelli che amiamo, i nostri cari, la nostra famiglia, la persona di cui ci innamoriamo, ci insegnano l'amore della tenerezza e dell'altruismo gratuito.
Quelli che non sopportiamo ci insegnano l'amore che si fa sacrificio e dolore.
Quelli con cui ci divertiamo ci insegnano l'amore lieto e spensierato e leggero.
Quelli con cui ridiamo ci insegnano l'amore gioioso e quelli con cui piangiamo ci insegnano l'amore compassionevole.
Quelli ai quali teniamo ci insegnano l'amore del dono.
Quelli che tengono a noi ci insegnano l'amore verso la nostra esistenza.
Quelli che ci respingono ci insegnano l'amore umile, e quelli che ci lodano altrettanto. Chi ci annoia ci insegna l'amore paziente, chi ci attira l'amore spontaneo. Il debole ci insegnerà l'amore di padre e madre, chi è forte l'amore che si scopre bisognoso e sa chiedere.
Chiunque ci insegnerà un piccolo pezzetto di amore...che messo insieme agli altri ci mostrerà qual è il vero Amore.
Impariamo a guardare a chiunque incontriamo con questo spirito. Capiremo che non c'è sorriso, risata, litigio, offesa, riconciliazione, gentilezza o altro gesto, nè incontro alcuno che non trovi il suo senso perfetto e compiuto proprio così com'è. Nell'Amore.