Santi o pesanti?

Che cos'è la santità? Che cos'è la fede?
Abbiamo imparato a confonderle con le preghiere che diciamo e con i precetti che seguiamo. Le riteniamo qualcosa di inaccessibile, destinato a quelli che chiamiamo "santi", i cui nomi troviamo scritti sul calendario.
Pensiamo chissà quali enormi, eroici sacrifici e sofferenze richiedano. Le vediamo come qualcosa di "aldilà" e di "altrove". Pensiamo risplendano solo in poche persone. Forse questo è un po' un alibi, quando diciamo che non siamo mica santi, o che siamo solo uomini. Ma quante volte ci viene in mente che uomo e santo è una tautologia? Dio ci ha creati per questo. E' santo chi vive da uomo, è uomo chi vive da santo. Che non significa avere un sorrisetto ebete stampato in faccia come vediamo in tanta iconografia. Sei santo se ti sporchi le mani, se piangi con chi piange, se ridi con chi ride con giustizia e non con stoltezza. Dice un proverbio che il riso abbonda sulla bocca degli stolti. In verità, il riso abbonda sulla bocca dei santi. Ma è riso di quell'allegrezza e quella serenità che solo la Verità ti può dare. E' la gioia che non dimentica chi vive nel dolore, quella gioia che asciuga le lacrime e sa donare un sorriso, nonostante tutto. 
E' santo chi annuncia la Verità con grazia e fermezza, senza orgogli di parte e senza diplomazie fuori luogo, ma con delicata certezza. 
E' santo chi in ogni azione ha presente la sua altissima dignità, che è costata la Croce e il Sangue di Cristo! E' santo chi sa trasportare questa altezza nella quotidianità, e sa che la quotidianità non significa rendere la vita una sequenza di giorni grigi in cui si spreca il proprio tempo. Ci si chiede cosa sia la vita. La vita è divertirsi, stare bene con gli amici, avere un lavoro stabile, delle certezze e delle sicurezze? E' proprio questa la vita, o non sono forse queste solo gli ornamenti che la rendono più bella? La vita, penso, è soprattutto il tempo. Il tempo - diceva Seneca a Lucilio - è la più grande risorsa che abbiamo. La vita, e la santità, è l'uso che facciamo di questo tempo. 
Impariamo a riempirlo di bene. Impariamo a dare pienezza ai nostri giorni.
Facciamo cose belle: suoniamo, disegnamo, creiamo, sorridiamo agli altri, abbracciamo, siamo gentili, condividiamo pensieri su facebook e twitter, usciamo, amiamo... Possiamo farlo sia da "santi" che da "non santi". L'azione è la stessa, ma la differenza è profonda: è santo chi fa qualunque cosa non per trarne un beneficio, per sentirsi a posto, per sentirsi bello, per sentirsi amato...è santo chi lo fa perché significa spargere quell'Amore di cui è testimone. E' santo chi mette del suo senza metterci dell'io. Chi è se stesso pur essendo mani e braccia di Dio, anzi, proprio perché è tale. Chi fa ogni cosa con spirito di preghiera, chi si fa preghiera vivente in ogni sua azione.
E' santo chi è "universale". Impariamo a sentirci parte di quell'unico Tutto, ricordiamo che c'è chi sbaglia e chi ci ferisce, ma quando questo avviene, diventiamo capaci di capire che, in fondo, ogni errore è anche nostro. Senza buonismi, ma anche senza esclusionismi. Quando saremo "dall'altra parte", ci stupiremo di vedere quante persone sono legate a noi e alle nostre azioni più di quanto immaginiamo, e quante di queste nemmeno le abbiamo mai viste. 
Ed è santo chi, nonostante questi legami e questo esser parte di Qualcosa, è libero della libertà del vero amore.

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