Pranzo di capodanno da amici. Un caro amico mi fa: "Eppure a me dispiace che sei vegana. Io: "E perché?". Lui: "perché è come se ti fossi fatta suora". Io: "Spiegami il nesso". Lui: "So che non è così, la vocazione è vocazione, ma io la vedo come una rinuncia. Pure se vieni a pranzo non puoi partecipare a tutto".
Bé...eppure mi sono sempre impegnata al massimo per non far emergere la differenza. Per non compromettere la vita sociale. Per non far pesare agli altri la mia scelta, sebbene le loro abitudini a me pesino tantissimo. Per non scoppiare quando vedo la cucina di casa trasformata in una stanza degli orrori perché vengono ospiti o quando sono seduta a tavola e mi passa avanti di tutto con relativi odori. Due cose mi aiutano: l'essere cristianamente tollerante e il pormi un po' come Malinowski che osserva il Kula.
C'è una cosa che dopo quasi 15 anni di impegno vege-vegano sto capendo...Giorno dopo giorno mi sento sempre più lontana da un mondo che si basa sullo sfruttamento umano e animale che sia. Mi domando perché andiamo in chiesa se poi non ci poniamo nemmeno le domande più elementari. Non riesco a capire come non si riesca a capire che mentre per mangiare carne e pesce si distruggono foreste, ecosistemi, vite (animali e non...avete presenti le tribù amazzoniche? Quanti conoscono gli Ayoreo?), si inquina, tanti esseri umani muoiono di fame...Cerchiamo di fare tanto contro la fame (grandioso), però non ci diamo una svolta seria per non partecipare al sistema.
Questa non è una critica contro nessuno sia chiaro...ognuno ha il suo modo di contribuire a rendere la Terra il luogo della realizzazione del Regno, per chi ci crede, o semplicemente un posto migliore. Non sto parlando di questo. La mia riflessione è prettamente personale. Mi sento lontana da chi sente che avere attenzione verso la vita e verso il luogo in cui si vive significa "rinuncia"...come se curare la propria casa sia una rinuncia. E' necessario! Mi sento lontana da chi vede il veganesimo come un qualcosa di fuori dall'ordinario. E mi sto rendendo conto di come non si tratti di dire "vegani e carnivori/onnivori possono convivere, sono scelte e si può vivere nel reciproco rispetto". Non è questo il cuore del problema. Non sono scelte. Non è così. Anche oggi mi sono sentita ripetere per l'ennesima volta "ma io rispetto". Cosa c'è da rispettare? Non è mica una religione! Non chiedo rispetto per la mia scelta per il semplice motivo che non ho chiesto niente a nessuno né devo scusarmi o giustificarmi di averla fatta. Ogni volta che sento parlare di "rispetto per i vegani" e i vegetariani mi sento perplessa, come se fossimo un gruppo di esseri umani che esce in qualche modo dall'ordinario, dalla società. Si rispettano le minoranze, i credi...si rispettano i gusti...non si rispettano certi tipi di scelte che non hanno nulla di rispettoso...si rispetta chi è più anziano, sempre che non abusi di questa sua posizione...ma rispettare i vegani...boh! Non capisco la necessità del politically correct infilato ovunque e in tutte le salse. Ripeto, non si coglie il punto. La nostra non è una scelta. E' una presa di coscienza. E' come uno che ha passato tutta la vita a uccidere e spacciare e a un certo punto si rende conto che non può più andare avanti così. Sì, penserete che è un paragone assurdo, esagerato, perché ritenete che uccidere o spacciare droga è risaputo che non si fa. Ma non è così...tutto dipende dal luogo in cui si cresce, da come si viene educati, senza che ci ergiamo a giudici di quello che fanno gli altri. Se uno per tutta la vita, sin da quando è stato concepito (perché sì, vale anche la parte di vita in cui si sta ancora al calduccio nel grembo della mamma) ha davanti solo questi modelli, lo riterrà la cosa più normale e non si sentirà nemmeno un delinquente. Quanti delinquenti sono devoti e vanno a messa proprio perché convinti di essere dalla parte del giusto?
Si tratta di capire che siamo semplicemente stati cresciuti, educati, abituati così, la cultura in cui siamo cresciuti è questa, ma non è un dato di fatto. E' un modo di vivere, null'altro. Lo si può cambiare se lo si vuole. Non lo dico io, è antropologia: è una scienza, non esatta, ma sociale, eppure sempre scienza.
Noi a un certo punto ci siamo detti che non eravamo dalla parte del giusto. Ci siamo detti che era ora di porre una fine a questo approccio alla vita. Ci siamo detti che vogliamo una vita diversa, un mondo diverso. Che non siamo costretti a sottostare a una cultura alimentare che si basa sulla violenza solo perché siamo in fondo cresciuti così e si fa così da millenni (che poi anche di questo si dovrebbe discutere). Quindi non è questione di scelte, no davvero, ma di prese di coscienza. Se si rispetta la presa di coscienza...bé io questo non l'ho mai sentito. Di solito la si ammira o la si deride, secondo i punti di vista, ma non è questione di rispetto, non è un'opinione.
Non siamo qui a fare una guerra...o dei campanilismi...mi fa ridere che esistano gruppi Facebook come "Le ca***** dei vegetariani" o "Le ca****** dei carnivori" (credo nato in risposta al primo). Piuttosto siamo qui per chiederci "Che cosa devo fare di buono?". Una certa persona dice che dovremmo chiederci "che bene c'è?" ed è una domanda che mi pongo anche io da anni, da sempre, credo di averla scritta anche in qualche diario delle superiori ai tempi in cui ancora non esistevano i blog e Facebook e compagnia bella. "Che bene c'è" nell'uccidere? "Che bene c'è" nel costringere la terra a non produrre o a produrre per gli animali e non per gli uomini? "Che bene c'è" a far nascere animali per poi costringerli, dopo averli fatti soffrire, a morire anzitempo e in modo barbaro? "Che bene c'è" a pensare allo sviluppo sostenibile del pianeta come se non fosse affar nostro? "Che bene c'è" a collocarci in fazioni piuttosto che a fare serie riflessioni? "Che bene c'è" a cercare se la Bibbia da qualche parte dice che è lecito uccidere quando Gesù Cristo ha parlato in maniera molto semplice? Nella Bibbia vige anche la legge del taglione, applichiamo pure quella? Oppure diventiamo evangelici e ci rifacciamo solo al Nuovo Testamento?
Madre Teresa diceva che la santità non è un lusso, ma una necessità. Bene, per noi intervenire in questa maniera rispetto al pianeta, rispetto alla vita, non è un lusso, non è una moda, non è un modo per sentirci migliori, diversi, a posto con la coscienza. E' una necessità. Che non va rispettata. La vita va rispettata. Il rispetto è qualcosa che in qualche modo ha a che fare con la sacertà: l'anziano, le donne, i bambini....Sacer, sacro, era colui il quale, nella società romana, era sottoposto a una giurisdizione straordinaria e come tale sottratto al giudizio comune. Si rispetta quello che fondamentalmente è in qualche modo "intoccabile" perché si colloca su un piano differente. Spesso purtroppo diventa una facciata, ma appunto, a noi non interessa del politically correct. E' una riflessione di vita, e come tale al massimo va accolta. Ma non ci pone "in alternativa a" o "in contrapposizione a" o "in sostituzione di" o "sopra qualcuno" o "contro qualcuno"...noi siamo solo a favore. A favore della vita, a favore dell'uomo, a favore degli animali, a favore dell'Amore.
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