"E' più facile che un cammello passi attraverso la cruna di un'ago, che un ricco entri nel Regno dei Cieli". Così recitava il Vangelo odierno. Ricco...di questi tempi, ci si domanderà, chi può dirsi ricco? Tutti si lamentano di non arrivare a fine mese!
Il tipo dell'episodio riportato, lui sì, era ricco, un giovane ricco che rispettava tutti i comandamenti ma non era soddisfatto. Non era felice. Così va da Gesù e gli chiede di dargli la ricetta della felicità. Non glielo chiede esplicitamente; gli chiede: "Maestro buono, cosa devo fare per meritare la vita eterna?".
E Gesù, com'è ovvio, da bravo giudeo, da bravo rabbì, gli ricorda di dover rispettare i comandamenti. Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, onora il padre e la madre e ama il prossimo tuo come te stesso. Tutti i comandamenti dell'amore, insomma. Per essere felici, occorre seguire l'amore (diamine, perdonate la ridondanza). Però il giovane fa questo e altro, non ha bisogno che glielo dica Gesù. E così gli viene indicato il passo successivo: "Va, vendi ciò che possiedi e dallo ai poveri, se vuoi essere perfetto". Ma lui proprio non ce la fa. E' ricco, come fa a vendere tutto e darlo ai poveri? Come farà a essere felice, senza le sue cose?
E così se ne va.
Dicevo, pare non sia un nostro problema, no? Siamo tutti abbastanza poverelli, ultimamente. La crisi, la crisi, la crisi. Ora, a parte che secondo me alle nostre latitudini abbiamo ampiamente dimenticato che cosa significhi il termine "povertà" (per nostra fortuna...anche se non tutti purtroppo), vabé...
Perché ogni volta che pensiamo alla ricchezza, pensiamo al denaro. E invece. Siamo ricchi, cavolo, ricchissimi! Siamo ricchi di un sacco di cose. Ricchi non perché possediamo - non possediamo nulla su questa terra - ma perché vi ci attacchiamo. Siamo ricchi di un sacco di cose e non ce ne accorgiamo. E questa ricchezza ci lascia sempre insoddisfatti, come se mangiassimo a sazietà ma mai niente di gustoso. Oddio, meglio oggi che prima, quando non si mangiava proprio. Però è un paradosso, no? Avere, e non sentirsi contenti. Almeno se uno è scontento perché non ha, bé, una ragione ce l'ha...
Insomma, dicevo, siamo ricchi di tante cose che non vogliamo lasciare. La macchina, l'apparenza, la comodità, la ragione, la vanità, l'io (non l'identità, che è dono di Dio, l'io)...
E infatti una beatitudine dice: beati i poveri in spirito. Chi è povero non di beni, ma di spirito! Chi non possiede nello spirito, chi è semplice e se possiede, lascia andare, non trattiene...
Mi piaceva metterla qui, per chi legge, la riflessione che ho sentito: forse c'è qualcosa di cui ognuno di noi è troppo ricco, a cui è tanto attaccato, da impedirgli di fare il passo successivo...
E forse, chissà, potrebbe essere giunto il momento di lasciare qualche piccola zavorra :)
3 commenti:
come sei colta! ma a me il cammello non interessa, a me piace la birra..
Si capisce che non hai mai provato la fame...quella vera.
Cambia tutto e non è un caso.
Giangirolamo Da Millepen
bè, e certo, non era una riflessione sulla fame...fisica :)
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