In questa storia del ragazzo ucciso a Roma che ricorda molto quella del Circeo fra le tante aberrazioni c'è quella che, mentre di quello che accadde al Circeo 40 anni fa si parla ancora, per quanto colpì l'opinione pubblica, questa notizia alcuni pure la ignoravano, tanto siamo bombardati da chiacchiere mediatiche, e assuefatti al morbo dello sviscerare ogni delitto commesso in questo Paese come se fosse un giallo romanzesco e non la triste realtà. Bene per i vari Vespa, Quarto Grado e programmi contenitore del mattino e del pomeriggio, criminologi e opinionisti vari, che avranno ancora di che parlare e dunque lo stipendio assicurato. Quando Erika e Omar uccisero la mamma e il fratellino di lei, l'Italia rimase scioccata. Dopo quindici anni sembra che ci si uccida all'ordine del giorno, oggi uno, domani un altro, è solo un'altra storia televisiva.
Giorni fa riflettevo su come, tutto sommato, c'è del bene nel fatto che il male faccia ancora notizia: significa che è ancora considerato fuori dalla normalità.
Quello che mi colpisce e mi preoccupa, però, è che questi eventi non fanno notizia, anzi, sono non-notizie; diventano piuttosto storie dai connotati lugubri da raccontare, proporre e riproporre, sminuzzare fino alle virgole, di fatto senza cavarne niente se non audience. Sono l'antitesi del giornalismo e anche della buona costumanza. Creano una pericolosa assuefazione che porta all'indifferenza, e l'indifferenza è un mostro da non ignorare, perché se nulla più importa, ovvio che poi non si focalizza più la linea - che pure dovrebbe essere visibile quanto un muro - tra il lecito e l'illecito, tra ciò che ha valore e ciò che non lo ha. Così facilmente ormai si parla di morte, droga e sesso, che nullo valore ne assumono gli opposti: vita, pulizia e amore.