La dittatura del vittimismo

Esiste in Italia, ma forse nel mondo, una tendenza a coprire le turpi azioni del passato sotto il velo del politicamente corretto. Allora siccome in passato hai fatto del male a qualcuno, oggi devi assecondarlo in tutto. La trovo una cosa isterica, perché non si può assecondare qualcuno in tutto, a prescindere da quanto hai potuto offenderlo. Il perdono deve essere gratuito: mi hai chiesto scusa, ti perdono, ora andiamo avanti da pari. Invece succede che - ammesso che le scuse siano sincere - quel perdono sia sempre condizionato: ti perdono, a patto che ora ti fai mio schiavo. Già in questo presupposto sfuma tutto il concerto di perdono.
Trovo ancora più isterico l'atteggiamento di chi, basandosi su un vittimismo vero o presunto, fa della sua posizione di debolezza un punto più che di forza, ma di violenza. E così, la Shoà giustifica oggi lo Stato di Israele, e quel "per non dimenticare", che doveva essere un monito a non perpetrare più eccidi, diventa una scusa per attaccare e sottomettere altri (vedi il popolo palestinese). L'Occidente è diventato schiavo delle conseguenze delle sue stesse azioni. E' un'interpretazione sbagliata del concetto di perdono e riconciliazione. Perdona, Israele, se tanti hanno seguito la follia di un uomo e di un governo (ma poi, di chi è davvero la colpa di una follia collettiva?), fatti messaggero contro ogni distruzione di popoli...Non usare il tuo dolore per giustificare quello che tu fai ad altri.
Bene, questa su Israele è in realtà una riflessione estemporanea. Cambiamo ambito. Nel mio lavoro con i rifugiati incontro persone di tante etnie e lingue e temperamenti diversi. Ultimamente ne ho incontrato uno che, nel 2015, mi mette ancora la problematica bianchi vs neri, una cosa che per me è rimasta ai tempi di Rosa Parks. Sia chiaro, so bene che il razzismo esiste, esiste la xenofobia, esistono persino tra nord e sud dell'italica penisola. Tuttavia non concordo sull'usarlo come alibi per fare del vittimismo. Assistere i migranti nel loro percorso di integrazione non è impresa facile. C'è la burocrazia italiana che è un pachiderma inamovibile. I tempi dilatati, il limbo di questa gente infinito come l'inferno che hanno vissuto...eppure noi ci si da tanto da fare, telefonate qua, incontri là, solleciti lì...A volte capitano persone sbagliate, come avvocati che si rendono irreperibili, ma poco male perché non sono necessari in certe fasi. Comunque, qualsiasi problematica è utilizzata da certe persone per perpetuare nella loro mente l'idea del bianco contro nero. Una sorta di razzismo al contrario, che sfrutta non il disprezzo verso la razza bianca come razza inferiore (quello lo fa il razzismo alla Stormfront, il razzismo WASP), ma il disprezzo verso il presunto senso di superiorità che i bianchi avrebbero contro i neri.
E con questo vittimismo (perché è vero che succede di essere vittima di razzismo, ma non sempre, non nel caso di questa persona) ci si crea un alibi per fare e ottenere tutto. Talora si va alla stampa (non stavolta, per fortuna, ma è qui il nocciolo della mia riflessione) come spesso è accaduto nel nostro Paese dicendo di essere vittime di razzismo e altre falsità, e la stampa ci va a nozze, mentre l'opinione pubblica, che ha tanto bisogno di indignarsi per i centomila problemi che affliggono l'Italia, finalmente trova un cavillo per indignarsi visto che di abbattere seriamente le cause delle problematiche non è capace. Oppure per dichiarare il proprio razzismo. Fa lo stesso, piante che nascono dallo stesso seme dell'odio.
Allora io vorrei in questo Paese un po' meno di politically correct, un po' più di vera reciproca accoglienza. Non mi piace sentire stranieri che gettano fango su una Nazione (e non uso volutamente il termine Stato) che accoglie, affrontando insieme tanti problemi. Che nonostante si dica "tutti a casa" poi non lo fa mai perché il buonsenso prevale. E prevale anche contro il rischio concreto di infiltrazioni terroristiche. Una Nazione che è vero che a volte guarda al colore della pelle e che magari picchia fino a uccidere dei meridionali. Però sono casi rari. La verità è che il popolo italiano accoglie, si lamenta ma accoglie, e non lo fa per avere riconoscenza, lo fa gratuitamente. Come gratuitamente lavora tanta gente -compresa la sottoscritta- in attesa che il Governo italiano paghi. Quando sento di persone che fanno del vittimismo il loro cavallo di battaglia perché sanno che troveranno un'opinione pubblica coesa nello schierarsi al favore del debole, senza capire se il debole sta usando questa sua posizione per trattare gli altri da inferiori, mi mette tristezza. Mi mette tristezza ogni forma di subdola manipolazione.
E' un rischio per il Belpaese. A forza di languori difensivi, non trasmette nemmeno più la consapevolezza, nell'accolto, che sta venendo accolto, forse non con gioia e amore, ma quanto meno con umanità. Questa non è tolleranza, non è accoglienza. L'accoglienza si realizza nel dire "Benvenuto a casa", non nel dire "Siccome sei povero e emarginato allora chiedimi anche di farti da zerbino e lo farò". In una casa tutti hanno diritti e doveri. Questo è il vero senso della dignità umana. Invece la parola dignità viene spesso fraintesa, sembra quasi che per trattare con dignità gli altri non gli si debba dire che stanno sbagliando. Non c'è tolleranza nel far credere che chi è debole può tutto. E' solo perpetuare quella sottomissione dell'uomo all'uomo, in altre forme.
Sostituirei tutte queste parole con una sola: collaborazione. Siamo qui insieme: collaboriamo per rendere questo un posto vivibile per tutti. E smettiamola con i vittimismi da femminucce. Smettiamola con il politically correct, impariamo piuttosto una cosa più preziosa e utile che si chiama rispetto.